Veneto. CISL: riduttivo chiudere i Punti Nascita

Mercoledì, 18 luglio 2018

Dopo la chiusura del Punto Nascita di Trecenta, la Regione Veneto, in base a quanto previsto dal Regolamento del Decreto Ministeriale 2 aprile 2015 n. 70, ha stabilito anche la soppressione di quelli di Valdagno, Piove di Sacco e Adria. Queste strutture, infatti, garantiscono rispettivamente 399, 316 e 299 parti all’anno: troppo pochi per garantire a mamme e neonati quegli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi necessari.

Saranno salvi, invece, per le specificità orografiche, i centri di Pieve di Cadore (44), Asiago (97) e Venezia (292), mentre la decisione sulle sorti del polo di Portogruaro è rimandata al 30 settembre.

“Pur condividendo la necessità di garantire criteri di sicurezza e di tutela delle persone (nascituri, mamme, operatori) – ha commentato Anna Orsini, segretaria Cisl Veneto con delega alle Politiche sociali e sanitarie – ritengo che la chiusura di questi Punti Nascita tout-court sia riduttiva e impoverisca i servizi importanti di sostegno alla maternità, soprattutto nelle zone e nelle strutture più periferiche”. Bisognerebbe “dare risposte alla stessa altezza o similari in tutto il territorio – sottolinea la Orsini rivolgendosi alla Regione Veneto - trovando le soluzioni più adeguate e di garanzia per tutta la cittadinanza, senza dare la sensazione che ci siano differenziazioni sulla facilità di accesso alle strutture e ai servizi così delicati e sentiti come quelli in questa materia”.

Dello stesso parere anche Marj Pallaro, segretaria FP Cisl: “Serve individuare soluzioni innovative e rilanciare servizi di prossimità con l’implementazione di altrettanti importanti servizi territoriali, anche di prevenzione, con adeguati modelli organizzativi in grado di coprire i bisogni di assistenza di base e le urgenze e emergenze. I cosiddetti territori di periferia, proprio perché distanti da centri ospedalieri - conclude - dovrebbero, per primi, veder potenziata tutta la medicina preventiva, di iniziativa e l’assistenza territoriale anche in compensazione della difficoltà di accedere a centri specialistici”.