Corte Costituzionale: sentenza sugli indennizzi per licenziamento illegittimo

Lunedì, 01 ottobre 2018

La Corte Costituzionale, con un comunicato diffuso nei giorni scorsi, pur lasciando invariato l’impianto complessivo del decreto “tutele crescenti” (d.lgs. n. 23/2015), ha ritenuto illegittimo il meccanismo che lega in modo automatico l’importo dell’indennizzo alla anzianità aziendale del lavoratore nel caso di licenziamento illegittimo (quando non si resolve con la reintegra nel posto di lavoro.
Bisognerà quindi aspettare il testo della sentenza per una corretta valutazione delle sue conseguenze.
Nel frattempo vanno ricordati e considerati alcuni fatti. Il primo è che la riforma Fornero del 2012 aveva già modificato le tutele sui licenziamenti restringendo il campo di applicazione della reintegra prevista dall’art. 18 e degli indenizzi economici.
Il secondo è che il Jobs Act, per i soli nuovi assunti, aveva ulteriormente ristretto la casistica della reintegra che gli indenizzi economici in caso di licenziamento illegittimo, questi ultimi erano fissati  al criterio della anzianità di servizio del lavoratore: 2 mesi di indenizzo per anno di servizio.
Infine con il decreto dignità il nuovo governo ha aumentato gli importi minimo-massimo dell’indenizzo portandoli da 4-24 mesi a 6-36 mesi.
La Corte Costituzionale ha ora dichiarato incostituzionale la sola parte del dlgs 23/2015 che determina l’indennizzo in maniera automatica in misura pari a due mensilità per ogni anno di servizio, lasciando  sul punto una ampia discrezionalità al Giudice.
Nella sentenza vi è quindi un implicito riconoscimento delle osservazioni a suo tempo presentate dalla Cisl in occasione della emanazione delle norme sulle “tutele crescenti” anche sulla base del principio di ragionevolezza e di uguaglianza.
Il Giudice potrà ora stabilire l’indenizzo tenendo conto anche di altri fattori quali la dimensione dell’azienda e la condizioni delle parti.