Liberi di scegliere, liberi di dire parole di verità

Mercoledì, 04 giugno 2025

L’editoriale del segretario generale Massimiliano Paglini in cui commenta i referendum abrogativi dell’8 e del 9 giugno 2025, che chiameranno i cittadini e le cittadine a esprimersi in merito a cinque quesiti in materia di disciplina del lavoro e cittadinanza.

In queste settimane di campagna referendaria si sono moltiplicate le prese di posizione nette, le parole d’ordine semplici, gli slogan che invitano a votare “cinque sì” come gesto di progresso e giustizia sociale. Viene talvolta usata una narrazione senza dubbio seducente – cambiare in meglio, dare diritti, contrastare la precarietà… –, ma noi riteniamo doveroso dire parole di verità, certo meno facili da affidare a un veloce post o a uno slogan.

Cisl lascia liberi di scegliere ed è libera di scegliere, altrettanto quanto è libera di aiutare a scegliere con consapevolezza. Perché non accettiamo l’idea che il voto sia un gesto da compiere sull’onda di una retorica che semplifica ciò che è complesso, parlando alla pancia senza spiegare gli effetti concreti e le implicazioni normative reali di ciò che si propone e su cui si chiede di esprimere il proprio voto.

Il referendum abrogativo è uno strumento prezioso della nostra Costituzione, e il fatto che sia reso valido solo dal raggiungimento del quorum significa che il corpo elettorale è chiamato non solo a votare “sì” o “no”, ma anche a valutare la rilevanza della consultazione. A valutare cioè se il referendum sia davvero lo strumento giusto per affrontare e risolvere un dato problema, anziché lavorare con tenacia a riforme e leggi nuove che sappiano cogliere e dare risposte globali e durevoli alla complessità delle questioni.

Noi riteniamo che i quattro quesiti sul lavoro entrino a gamba tesa in ambiti delicati come licenziamenti, contratti a termine, responsabilità negli appalti, temi molto complessi che non possono essere semplificati in un “sì” o un “no”.

Nessuna delle norme sottoposte a referendum è intoccabile: vanno corrette se necessario, ma attraverso la via maestra della contrattazione e del confronto parlamentare, non con l’abrogazione secca che può generare effetti peggiorativi. Servono insomma una visione e un equilibrio globali, costruiti con il dialogo sociale, non in una logica meramente abrogativa.

Il lavoro si cambia, lo diciamo da sempre, con la Partecipazione: il vero motore dello Sviluppo del Veneto e dell’Italia che vogliamo.

Entrando nel merito dei quesiti, sul reinserimento in caso di licenziamento illegittimo, anzitutto, il referendum non propone affatto un ritorno all'articolo 18 com’era prima della Riforma Monti-Fornero.

In secondo luogo, chiedere l’abrogazione della disciplina del Jobs Act senza però avere garanzie di una maggiore tutela, produrrà una riduzione delle indennità attuali e un sistema meno certo. La reintegra nei casi gravi, come quelli discriminatori o collegati alla maternità e paternità, è già oggi prevista.

La Corte Costituzionale è intervenuta più volte per rafforzare l’equilibrio tra tutela e certezza del diritto contro gli abusi sui contratti a termine e di somministrazione, così come è intervenuta sulle tutele crescenti e per una maggior coerenza tra pubblico e privato. Smontare l’impianto senza una proposta alternativa chiara non è una soluzione, è una scorciatoia demagogica.

E ancora lo è affermare che la precarietà si risolverà togliendo la facoltà di utilizzare contratti a termine senza causale per i primi 12 mesi. La precarietà non è causata dall’uso di contratti a termine ma dall’abuso di collaborazioni, stage, tirocini, finte partite iva.

La vera sfida è generare stabilità dopo la flessibilità: serve infatti una “flessibilità buona”, regolata dalla contrattazione collettiva. Se passa il referendum, si irrigidirà la flessibilità in entrata portando ad ancora più lavoro ‘sommerso’, che troppo spesso si trasforma in caporalato specialmente per gli stranieri.

Anche per quanto riguarda il quesito sull’indennizzo nelle piccole imprese, Cisl riconosce la necessità di rafforzare le tutele, ma ritiene non sufficiente l’abolizione del tetto massimo di sei mensilità senza una revisione dei criteri e delle garanzie.

Per governare il mercato del lavoro attuale serve superare stratificazioni, storture, difetti e riordinare in un Testo unico la normativa dopo un confronto approfondito e articolato con chi rappresenta il mondo del lavoro.

Quanto alla responsabilità del committente negli appalti, anche qui, il tema è giusto ma lo strumento del referendum abrogativo è sbagliato. Già oggi esiste una responsabilità in solido: eliminare ogni possibilità di distinzione tra chi causa un danno e chi non lo fa, rischia di paralizzare interi settori senza risolvere i veri problemi della sicurezza. Piuttosto va rafforzata e resa obbligatoria per tutti la patente a crediti, che genererà selezione virtuosa tra le imprese.

Infine, riguardo al referendum sulla cittadinanza noi lo ribadiamo: la proposta non è sbagliata, ma è insufficiente.

Da tempo Cisl sostiene il riconoscimento della cittadinanza italiana per chi completa percorsi scolastici nel nostro Paese, per chi nasce, vive, lavora e contribuisce pagando le tasse, ma ridurre semplicemente il tempo da dieci a cinque anni non risolve la disuguaglianza strutturale, non cambia il modello, non riforma davvero la legge Bossi-Fini. Ancora una volta lo diciamo con forza: serve una legge nuova, giusta, moderna, frutto di un confronto ampio e non di uno spot elettorale. Per questo diciamo: non basta un “sì” per la giustizia sociale, serve una riforma vera, profonda, condivisa con le parti sociali, si apra un confronto reale, che consideri le emergenze demografiche e sociali del Paese.

Insomma, al di là del contenuto e del merito di ciascun quesito referendario, un punto soprattutto ci trova convinti. In un Paese in cui sette referendum su dieci non hanno raggiunto il quorum negli ultimi trent’anni, forse la riflessione dovrebbe spostarsi sulla capacità di costruire leggi condivise e durature, più che su campagne divisive.

Invitiamo dunque tutte e tutti a informarsi a fondo, a non farsi condizionare dalle semplificazioni, a scegliere, davvero, liberamente, anche perché questo è soprattutto esercizio di democrazia. Noi non accettiamo la retorica secondo cui chi non vota è meno democratico, meno giusto, meno impegnato.

Chi vuole cambiare, non fugge la complessità, la affronta, con pazienza, con responsabilità, con coraggio. Quel coraggio che il mondo del lavoro conosce bene, quel coraggio che chi rappresenta il mondo del lavoro da sempre mette come fondamenta del cambiamento che vuole contribuire a costruire.

 

Massimiliano Paglini

Segretario generale Cisl Veneto