Cisl, rivoluzione nelle province Territoriali ridotte da 7 a 5. Accorpate Rovigo con Padova e Belluno con Treviso Porto: «Decisione coraggiosa, pi

VENEZIA — La Cisl apre la stagione degli accorpamenti territoriali. La discussione è partita a settembre ed è già andata a dama ieri. Il sindacato guidato da Franca Porto ha approvato a Mogliano, nel consiglio generale che ha impostato la stagione congressuale che culminerà nell'assise regionale del 18-19 aprile 2013, sempre a Mogliano, la riduzione da 7 a 5 delle Unioni sindacali territoriali, le strutture provinciali.

Il «parlamentino» del sindacato, 434mila iscritti in Veneto nel 2011, ha accorpato Rovigo a Padova, 33mila e 89mila iscritti, e Belluno a Treviso, 23mila e 77mila. Ne nascono la prima e la seconda unione territoriale veneta, con oltre 122mila e centomila iscritti, davanti a Verona (72mila), Venezia (70mila), e Vicenza ( 67mila). La decisione dominerà la stagione congressuale: Unioni territoriali e categorie la affronteranno, tra Belluno e Treviso e Padova e Rovigo, come realtà unite, nominando segreterie uniche; a dicembre partiranno i congressi territoriali unici, previsti per marzo. La Cisl regionale ha poi approvato un indirizzo per il nazionale sulla riforma delle categorie: l'indicazione è di ridurre le attuali 19, a 6 massimo 9.

«Me lo lasci dire - commenta Franca Porto - sono molto orgogliosa della Cisl: abbiamo preso una decisione impegnativa, tutt'altro che scontata, che ci aiuterà a fare meglio sindacato. Il senso è avere grandi unioni territoriali e rafforzarci sui luoghi di lavoro. Scelte fatte con la cartina geografica in mano».

Una critica alla riforma delle Province?

«Ovvio che, se si guardano spostamenti, censimenti e dati economici, Belluno si apre su Treviso e Rovigo gravita su Padova. Abbiamo fatto una scelta non estemporanea, con il coraggio di proporre soluzioni e prenderci la responsabilità di scegliere. All'unanimità. Il contrario di quanto ha fatto la Regione».

Un attacco duro.

«Sulla riforma non ci sono piaciuti né il disimpegno né la superficialità. Non pretendo che altri si allineino alle nostre scelte; ma i due criteri per la riforma del governo in Veneto sono ridurre di uno i livelli amministrativi e stabilire chi fa cosa, accorpando poi i Comuni in strutture da 50mila abitanti, per avere massa critica e servizi veri. Per questo riteniamo molto interessante la proposta del presidente della Regione Zaia e del professor Antonini per nuove competenze alla Regione oltre il Titolo V. Non resti solo uno slogan: si vada avanti, in un percorso con noi».

Non temete problemi con realtà territoriali non coincidenti con le Province?

«Basta con questa inutile discussione sulle Province: sono ridimensionate da tempo. Noi ci confrontiamo con altri, da Confindustria a Confartigianato, dobbiamo stare sul territorio. Vogliamo lanciare un segnale: politica o sindacato non possono inventarsi i confini; sono i fatti a costruire la geografia».

Avete fatto quanto tutti dicono, dalle categorie alle Camere di Commercio.

«Non si possono chiedere razionalizzazioni e spending review se non si comincia in casa propria. Dobbiamo usare meglio le risorse: dimezziamo del 50% le cariche e le categorie e liberiamo risorse e sindacalisti sul territorio. Ma le sedi restano, e potenziate».

C'è un nodo di sostenibilità economica del sindacato?

«Si parla dei centomila lavoratori persi in Veneto. Chi è in cassa integrazione o in mobilità non paga la tessera o lo fa a cifre inferiori. Dobbiamo affrontare ora che siamo forti la riorganizzazione. Essere soddisfatti del lavoro fatto fin qui non può bastare».

Federico Nicoletti

CORRIERE DEL VENETO - Mercoledì, 21 novembre 2012