Veneto: la politica deve muovere il trasporto

Giovedì, 24 marzo 2011

Il Veneto rischia il caos nel trasporto locale. Un caos che colpirà cittadini e pendolari, servizi ed attività. Un caos prevedibile ma non irrimediabile. Un caos determinato da un unico fattore immobile e, finora, irremovibile: il potere politico che si è costruito una bella posizione di rendita sopra treni locali, autobus e vaporetti. Un potere fatto di presidenti, consiglieri, amministratori e via cantante che sono parte integrante di quel milione di persone che si occupano e vivono di politica in Italia, come ha denunciato pochi giorni fa Raffaele Bonanni a Treviso e che, paradossalmente, fanno del nostro Paese uno di quelli in cui più si perde democrazia e, aggiungiamo noi, governo reale.
Non hanno mosso una foglia tutte le parole spese per dire che è necessario ridurre i costi determinati dalla proliferazione delle società (42 in Veneto) che gestiscono le reti di trasporto locale, unificarle, razionalizzare le linee (evitando sovrapposizioni da alcune parti e assenza di servizi in altre), coordinare i servizi pensando all'utenza, ridurre i costi dei servizi interni.
La crisi ha, impietosamente, portato tutti i nodi al pettine e nelle casse pubbliche non permettono più pagamenti a piè di lista o la firma di pagherò.
In Veneto l'imperativo del redde rationem si è concretizzato nelle cifre del bilancio di previsione 2011.
Mancano i soldi per onorare i contratti di servizio con Trenitalia e con Sistemi Territoriali (società regionale per il trasporto su rotaia. In totale 30 milioni di euro. Ed una situazione destinata ad ingarbugliarsi. Trenitalia aspetterà di non essere pagata o prenderà subito provvedimenti? Aprirà un contenzioso legale o sospenderà i servizi (di cui beneficiano soprattutto i pendolari)? L'impegno della Regione Veneto di reperire entro giugno 30 milioni di euro sarà, e come sarà, rispettato?
Mancano anche altri 36/37 milioni di euro per pareggiare i costi del trasporto su gomma ed acqua (Venezia e Chioggia). Dal 1997 il valore del rimborso chilometrico per queste aziende è fermo. Il resto deve essere recuperato dall'utenza. Nessuno ha pensato di operare per contenere questo "resto" puntando invece al prelievo dalle casse pubbliche, cioè dalle entrate fiscali, cioè dai soliti noti: lavoratori dipendenti e pensionati.
Come rimediarvi? La prima soluzione è quella di tagliare i servizi, ridurre le linee di percorrenza. Non pochi treni in meno, autobus che passano più di rado, fermate soppresse. Duretta da praticare visto che già i servizi, specie quelli su rotaia, sono insufficienti. L'alternativa è ancora più difficile, specie per chi ha predicato "basta tasse" pur sedendosi, e non da ieri, negli scranni del governo e del sottogoverno locale: rincarare le tariffe a carico dell'utenza, a cominciare dai pendolari.
Il vero rimedio è quello che la politica muova con determinazione la sua funzione (dovrebbe essere l'unica!) che sembra più dimenticata: governare guardando in faccia la realtà e pensando al domani. La politica, Regione Veneto in primis, deve farsi promotrice di un patto tra le parti coinvolte: enti locali, imprese, consumatori e lavoratori per definire un piano di riorganizzazione a tempi certi che preveda l'unificazione delle aziende di trasporto (anche sotto forma di holding) che preveda un unico consiglio di amministrazione, una unica direzione, semplificazione dei servizi centrali, razionalizzazione delle linee di percorrenza, unico bando regionale per la gestione delle linee periferiche. A fronte di questo un accordo con i lavoratori che scambi produttività con retribuzione ed occupazione. Fatti i conti di quanto si può effettivamente risparmiare, poi si può ragionare sul resto. (*)
Attendiamo risposta (non tramite lumaca, possibilmente)
(*) e noi della Cisl, primo sindacato veneto anche tra i lavoratori del trasporto pubblico, siamo pronti a fare la nostra parte e ad assumerci le nostre responsabilità.

Franca Porto