Un patto di buona marca

Martedì, 08 marzo 2011

Il patto sottoscritto dalla Cisl trevigiana, unitamente alle altre confederazioni sindacali ed a Unionindustria di Treviso ha tutte le qualità per essere una "buona pratica" da emulare (che non è fotocopiare) anche oltre i confini della Marca trevigiana.
Il primo fattore di qualità è dato dagli stessi soggetti che lo hanno ideato, costruito ed infine sottoscritto.
I sindacati trevigiani hanno una grande forza di rappresentanza data da un retaggio storico che non ha però mai dato luogo a visioni conservative ma, al contrario, ha alimentato grandi capacità innovative. Ci permettiamo di ricordare ad esempio, senza tornare troppo indietro nel tempo, che proprio da Treviso nasce l'esperienza (purtroppo non declinatasi in modo unitario) del Fondo Solidarietà Veneto. L'associazione locale degli industriali è rappresentativa poi una amplissima varietà di imprese e di modidi fare impresa: dalle multinazionali made in Italy a quelle non-Italy, dal contoterzismo alla produzione di idee, dalle aziende tutto export a quelle dei distretti (mobile, sportware) e dei sistema integrati (filiera agroindustria). Tutte identità complesse quindi tenute insieme della comune pratica dello stare con i piedi per terra e dal valore primario che viene dato al lavorare.
Nessuna delle due parti può essere quindi tacciata di sprovvedutezza o di consorteria.
Di qualità sono anche i contenuti del Patto che delinea proposte concretissime (il superlativo non è regalato) per continuare a governare una economia locale che deve essere capace di fare un triplo salto mortale per uscire dalla crisi: produrre sviluppo (ma sostenibile), qualificare l'occupazione, rendere nuovamente competitivo il sistema.
Questioni che vengono prese di petto e con una assunziona piena di responsabilità (non di delega a terzi! ). La contrattazione aziendale (che è prerogativa delle parti) viene infatti scelta come strumento principe per ottenere una maggiore produttività effetto anche di uno scambio tra impresa e lavoratori che migliori la ripartizione dei risultati economici realizzati. In questo modo di punta anche a sfruttare al meglio e al massimo le disponibilità ottenute, faticosamente, dal governo: detassazione e decontribuzione del salario aggiuntivo.
Un terzo fattore di qualità di questo Patto è che, nella proposta della contrattazione aziendale sul salario (per la quale verranno predisposti "modelli tipo" messi a disposizione delle singole aziende) nulla è obbligato ma tutto è consegnato agli interessati come opportunità. Le parti contraenti non si esprimono quindi con decreti coattivi ma con proposte da coltivare e da cogliere. Un modo serio per esercitare il ruolo di rappresentanza: ci si mette un passo in avanti ai rappresentanti e non si limita a farne da semplici amplificatori delle attese o, peggio, delle lamentazioni. Uno stile ed un modo che lo si ritrova anche negli impegni che si intendono portare avanti per il terzo soggetto: l'amministrazione politica locale.
Non si comprende quindi una certa freddezza con cui, ci sembra, altre associazioni provinciali degli industriali veneti hanno accolto questo Patto. Qualcosa di diverso ci attendavamo anche da parte della stessa associazione regionale. Eppure l'iniziativa trevigiana è, a nostro avviso, perfettamente in linea con gli obiettivi della riforma del sistema contrattuale rappresentandone una intelligente e, peraltro, unitaria per parte sindacale, applicazione.
Ci aspettiamo quindi che questo Patto di marca non rimanga splendidamente isolato nel territorio della Marca.

Franca Porto