Accordo Luxottica, la regola delle eccezioni

Martedì, 17 gennaio 2012

Gli accordi sindacali come quello della Luxottica di Sedico trovano spazio e risalto nei media. I suoi contenuti sembrano straordinari, fuori cioè dall’ordinario, ed in parte lo sono visto che vengono cambiate le regole standard del lavoro in fabbrica: i circa 600 lavoratori (in maggioranza donne) sono stati organizzati in 10 diverse tipologie di orario di lavoro che permettono all’azienda che si occupa della logistica dei prodotti Luxottica di essere attiva dalle 5 del mattino alle 22 di sera e conseguentemente di garantire un miglior rifornimento dei negozi anche negli USA e quindi di competere con l’analogo stabilimento che il Gruppo ha in Cina.
Eppure oggi gli accordi aziendali “straordinari” non sono più perle rare, fatti isolati.
Chi non si occupa direttamente del primo mestiere del sindacato, la contrattazione, deve in primo sapere che la contrattazione aziendale da quando è decollata (primi anni ’60, dopo una rottura profondissima tra Cisl, che sosteneva la non unicità del contratto nazionale di lavoro e la Cgil che la pensava esattamente al contrario) ha prodotto nel tempo una moltitudine di eresie. Il Veneto ne è stato terreno fertile. Tanto per fare un esempio: il welfare integrativo (la produttività pagata non nel salario mensile ma in servizi e sostegni sociali) ha avuto certamente l’attenzione dei media con l’accordo del 2010 sempre alla Luxottica ma, qualche vallata più in la, alla Ceramica Dolomite il fondo sociale esiste da almeno 25 anni.
La novità è che, con la riforma del sistema contrattuale del gennaio 2009, questa contrattazione non è più eresia, non è fuori dalle regole ma è “la regola” che può e deve diventare “ordinaria amministrazione”. La contrattazione aziendale (ma anche per gruppi di aziende omogenee collocate su una comune area territoriale) liberata da eccessivi e anacronistici vincoli è infatti un formidabile strumento per migliorare quel patto tra azienda/capitale e dipendenti/lavoro che è sempre più fattore indispensabile per superare le avversità della crisi, per affrontare le aspre prove dettate dalla competizione internazionale, per cogliere le opportunità della globalizzazione.
Lo spazio che l’accordo del 2009 (anche se non sottoscritto da Cgil) ha dato al sindacato nei singoli posti di lavoro ed in particolar modo alle sue rappresentanze aziendali (le RSU) è stato immediatamente percepito come una grande occasione da sfruttare al meglio sia da parte dei lavoratori che delle aziende. Si sono avviate e realizzate decine e decine di accordi che hanno permesso di ridistribuire tra i lavoratori reddito aziendale anche in tempi di crisi e di accrescere la competitività delle produzioni. Ma anche tutelare occupazione, ridurre le perdite di posti di lavoro e salvaguardare patrimoni produttivi e tecnologici. Qualcuno dice che la fantasia, cioè la capacità di immaginare nuove proposte sindacali e di concretizzarle in accordi, è tornata a rifarsi viva.
Giustamente si guarda alla Fiat, alle sue vicende contrattuali nel cui contesto ritroviamo concentrati tutti gli elementi della nuova contrattazione e spesso viene dato più risalto alle idee e alle azioni della minoranza sindacale che a quelle della maggioranza dei lavoratori. Nonostante questo i lavoratori della Fiat Iveco di Vittorio Veneto, in gran parte iscritti alla Fiom, poche settimane fa, negli stessi giorni in cui i rappresentanti sindacali di tutti gli stabilimenti del gruppo torinese, erano chiamati ad approvare il nuovo contratto di lavoro, hanno votato a grande maggioranza i candidati della Fim Cisl. Il sindacalismo della prassi è più richiesto di quello della ideologia.