Comuni veneti: oltre i confini amministrativi contro la crisi.

Venerdì, 13 marzo 2009

Incontro in Comune per una crisi aziendale, il sindaco si impegna a fare in modo che una banca locale garantisca ai lavoratori che saranno messi in Cig l'anticipo della indennità. Il Primo Cittadino precisa anche che si sarebbe adoperato affinché questa opportunità fosse data a i lavoratori in Cig suoi concittadini (escludendo quindi i "foresti"). Forse si aspettava un certo consenso, si è invece rimediato un "Bravo furbo! così l'azienda, per avere meno problemi, metterà in Cig solo i dipendenti che abitano nel tuo Comune".
Partiamo da questo siparietto - libero il commento - solo per tornare ad affrontare un aspetto importante della politica anticrisi: il modo con cui i nostri amministratori locali, in primis i Sindaci, possono attivare iniziative a sostegno delle persone colpite dalle crisi e delle loro famiglie.
Per fare qualcosa servono risorse, e noi siamo ben consapevoli delle ristrettezze dovute dal quel patto di stabilità che, imposto anche agli enti locali che hanno i bilanci in positivo, è diventato un vincolo che punisce soprattutto i cosiddetti comuni "virtuosi". Non a caso sosteniamo la proposta dei Movimento dei sindaci veneti per mantenere sul territorio una quota significativa delle tasse pagate dai loro concittadini.
Se consideriamo poi il fatto che nei prossimi mesi le risorse destinate al sociale cominceranno a ridursi a seguito dei tagli alla spesa pubblica - decisi lo scorso anno dal governo nella cosiddetta "manovra d'estate" - si può comprendere e prevedere quello che potrebbe (non siamo corvi del malaugurio) succedere: la crescita del numero delle famiglie in condizioni di disagio economico da una parte e, dall'altra, i Comuni - prima linea della protezione sociale- senza sufficienti risorse per il sociale. Una situazione veramente difficile, una miscela pericolosa per la coesione sociale delle nostre piccole o grandi comunità locali; i segnali non mancano.
Dobbiamo però sottolineare che c'è comunque un problema del modo con cui si usano le tante, e, ancor più se poche, risorse disponibili.
L'episodio descritto in premessa è emblematico e ci conferma quello che da tempo sottolineiamo: non si può perimetrare l'azione sociale entro i singoli confini amministrativi ne, tanto meno, ogni Comune può pensare, anche con l'attuazione del federalismo più estremo, di dare risposte efficaci ed efficienti ai bisogni della propria comunità in modo autarchico.
La frammentazione dell'azione amministrativa ad esempio nei servizi alla persona e nei servizi collettivi comporta, specie nei piccoli Comuni, sprechi, carenze o mancanze, costi eccessivi, spesso anche rinunce.
La scelta di coordinare risorse ed iniziative per aree più vaste ed omogenee, di superare nefasti (l'aggettivo non è a caso) campanilismi o contrapposizioni di appartenenza politica non è più rinviabile con la disinvoltura con cui lo si è fatto fino ad oggi.
Alle nostre comunità locali servono amministratori locali capaci soprattutto di fare azione comune e di coltivare, con perseveranza, le ragioni e le opportunità dell'unirsi, piuttosto che di sparecchiare ogni tanto qualche rumoroso, qualche inutile, fuoco d'artificio.
Ribadiamo i due concetti di fondo della nostra prassi anticrisi: nessuna rappresentanza istituzionale può marcare visita, la crisi va usata come occasione per migliorare il paese. Riguardano tutti, compresi gli amministratori dei nostri 581 Comuni.

federalismo, Veneto crisi