Franca Porto: «Contratti locali per dare più tutela al lavoro»

Venerdì, 23 maggio 2008

MESTRE. «Declinare il federalismo in senso contrattuale non è un attentato alla tutela del lavoro, ma un modo di rafforzare il controllo sociale sulle risorse e, attraverso ciò, la democrazia». E'l'enunciazione programmatica scandita da Franca Porto, segretario regionale della Cisl. Argomenti di cui discuterà, mercoledì a Verona, un attivo di Cgil Cisl e Uil alla presenza di Guglielmo Epifani.

Segretario, la Cisl, specie nel Veneto, è da un pezzo la sigla più sensibile alla contrattazione territoriale. Qui però si va oltre.
«Il federalismo contrattuale, su cui tutta la Cisl è compatta, è una partita tanto più attuale dopo l'esito delle elezioni. Attraverso il voto il Paese ha scelto in modo chiaro alcune parole chiave, ha individuato le priorità. Non solo la sicurezza, ma soprattutto il federalismo fiscale. Che negli anni è diventato un patrimonio largamente condiviso dagli schieramenti. E poi 15 anni fa se ne parlava solo nel Veneto e in Lombardia, oggi il federalismo fiscale è una chance anche per il Centro e per il Sud».

Per il sindacato questo cosa comporta?
«Anche attraverso il ruolo centrale della contrattazione di secondo livello, il sindacato deve tornare autorità salariale. E non più nella logica di difendere salari e pensioni, ma di aumentarne il potere d'acquisto legando le retribuzioni ai livelli di produttività che si formano nei territori e nelle aziende».
Quindi due livelli contrattuali, con il potenziamento del secondo.
«A livello centrale si stabilisce una cornice comune e le modalità di recupero dell'inflazione reale, con possibilità di verifica e di intervento sul piano locale. Sul piano territoriale si contratta la parte di salari e stipendi legata ai risultati. Sempre a questo livello il sindacato negozia con Regione, Province e Comuni il Welfare locale e le reti di protezione per i lavoratori. La flexecurity potrà essere a geometria variabile, perché non c'è niente di male che in generale sia così».

E' un'accettazione di fatto di nuove gabbie, non solo salariali?
«Invertiamo l'impostazione. Vogliamo eliminare le gabbie che già ci sono. Di genere, per esempio, visto che le donne a parità di lavoro guadagnano meno. Ma anche quelle territoriali, perché ne esistono a danno del Veneto, dove il costo della vita è superiore ad altre aree. Qui ci sono più donne che lavorano, quindi più persone che subiscono le diseguaglianze di genere riconosciute nei contratti esistenti. Vogliamo avere più voce in capitolo anche nelle politiche attive del lavoro, gestendo direttamente i fondi interprofessionali per la formazione ora in mano a Roma. Sono vagonate di soldi: riconosciuta al centro una quota di solidarietà, debbono essere gestite qui, con il controllo sociale che ne deriva, altrimenti queste risorse si trasformano in una tassa occulta».

Più contrattazione a livello locale. Vale anche per il settore pubblico? Perché in questi giorni il ministro della Funzione pubblica Brunetta ha una sua ricetta per far ripartire la produttività: punire i cosiddetti fannulloni.
«Noto che negli ultimi giorni ha corretto il tiro, parlando di dirigenti troppo tolleranti. Comunque noi siamo pronti a ogni sfida, non alle provocazioni. Anche nel settore pubblico del Veneto ci possono essere sacche di inefficienza, ma sono legate a flussi di risorse che non arrivano da Roma oppure a ignavia e lentezza da parte dei dirigenti. La nostra gente mette grande impegno anche quando lavora nel pubblico. E anche qui la contrattazione ha il proprio ruolo. Il Veneto ha una sanità d'eccellenza mica per scienza infusa, ma perché vi si fa regolarmente contrattazione decentrata».

Il ministro del Lavoro Sacconi propone la detassazione degli straordinari. Che ne pensa?
«Una questione relativa. Lo straordinario è uno strumento più che altro di flessibilità e non è accessibile a tutti: le donne ne sono spesso tagliate fuori. E poi c'è un problema legato alla sicurezza che non va sottovalutato. Se si vogliono davvero alzare le retribuzioni, si detassino gli incrementi salariali e quelli legati agli aumenti di produttività».

Non teme una ritrosia ad accettare questa impostazione da parte della Cgil?
«Nella Cgil c'è la preoccupazione legittima che si introducano storture. Ma è in corso un processo di maturazione inarrestabile. E lo testimonia anche il documento unitario che qui in Veneto è giunto prima che a livello nazionale».

Ci sono anche casi concreti. Nel fondo previdenziale Solidarietà Veneto la Cgil non c'è.
«Forse perché fa più paura l'idea di entrare nel fondo voluto dalla Cisl che il fondo in quanto tale. In generale abbiamo imparato la lezione. Si apre una nuova stagione unitaria, in cui la gradualità nella ricomposizione delle fratture è modalità necessaria per dare più efficacia alle scelte».

Concretamente, chi dovrebbe contrattare a livello locale?
«Se accettiamo l'impostazione che a livello nazionale di deve contrattare meno e per periodi più brevi dei quattro anni attuali, il secondo livello può essere com'è ora aziendale, territoriale o di settore. Tutto in mano alle categorie. Solo il confronto con la Regione in fatto di infrastrutture, flexecurity, Welfare e tutela delle fasce deboli rimarrebbe in capo alle confederazioni».

MAURIZIO CAIAFFA - LA NUOVA VENEZIA

Riforma della Contrattazione