Quel 5% è tanto quanto una cassa integrazione

Lunedì, 17 maggio 2010

Sembra che in vista della inevitabile manovra da 25 miliardi di euro, necessaria per ridurre il debito pubblico e scudarci un po' di più dagli assalti della speculazione finanziaria, anche il ceto dell'alta politica si dichiari disponibile a qualche contributo personale. La proposta che va per la maggiore è quella di una riduzione dello stipendio dei parlamentari del 5%. Il buon esempio potrebbe essere seguito anche, per quanto riguarda il Veneto, dai consiglieri regionali. Quanto vale questo 5% dei nostri parlamentari ? Al lordo in media 7 - 800 euro (450 euro invece quello dei consiglieri regionali).
Chissà cosa ne pensano di questa disponibilità (finora solo a parole, le ennesime) le nostre decine di migliaia di cassaintegrati a zero ore per i quali questa stessa somma corrisponde al cento per cento dell'importo della indennità? Chissà cosa passa per la testa dei nostri 60 mila lavoratori che ricevono la stessa somma come sussidio di disoccupazione o di mobilità (per questi ultimi anche meno). Chissà infine che effetto faranno queste dichiarazioni alle migliaia di nostri disoccupati che, perso il lavoro e finiti i sussidi, non hanno più nemmeno queste poche centinaia di euro.
Sette-ottocento euro. Una somma che qualche volta è anche il 100% di uno stipendio mensile, il doppio dell'assegno famigliare di una famiglia numerosa e povera, il costo di un mese e mezzo di affitto (senza spese condominiali) o di un mutuo casa.
Quello che per molti è il tutto che deve bastare o il tanto che si fatica a pagare, per alcuni è nient'altro che il 5% del mensile, percepito con certezza, senza neppure la preoccupazione sulla puntualità nel pagamento che invece riguarda, in questo periodo di crisi, migliaia di altri lavoratori, per i quali, come nel caso degli 800 della Grimeca di Rovigo (citiamo loro per tutti), ricevere il salario ogni mese è già una battaglia.
Ad essere onesti queste dichiarazioni di "com/passione" più che rinfrancarci, facendoci capire che nei piani alti si è partecipi della crisi e se ne vogliono condividere gli effetti più brutti, ci preoccupano. Non vorremmo infatti che quel 5% fosse la merce di scambio mediatica per caricare sui lavoratori, sui pensionati e sulle loro famiglie l'ulteriore peso di 25 miliardi di tagli ( a ognuno il suo taglio). Le proporzioni storiche ci dicono che al Veneto ne toccherebbero 2 e mezzo, forse anche 3, di miliardi tagliati.
Nelle scorse settimane abbiamo indicato in poco più di 1,2 miliardi di euro il valore complessivamente devoluto con gli ammortizzatori sociali nel 2009 nella nostra Regione. Ricordiamo a tutti che hanno compensato (in parte) mancati stipendi per quasi 2 miliardi. E le prospettive non sono positive per il lavoro e per chi vive del lavoro.
Dal governo nazionale e regionale, dal Parlamento e dal Consiglio Regionale ci aspettiamo invece veri provvedimenti che siano un segno (non mediatico) di responsabilità e di credibilità. Provvedimenti che taglino i tanti sprechi (a cominciare da quelli sulla Sanità), che obblighino ad una spesa pubblica responsabile ed efficiente, che tolgano a chi continua a vivere nell'isola degli esenti (dagli effetti della crisi, dai sacrifici, dalla compartecipazione alla riduzione del reddito come dalla produzione del reddito), che aggrediscano la grande evasione fiscale.
E se poi vogliono anche ridursi quel 5% dello stipendio (tra i più alti in tutta Europa) lo facciano pure. Ma, per cortesia, non lo chiamino sacrificio, compartecipazione alla crisi, mettere del proprio per il Paese. Almeno per rispetto a 100 mila lavoratori veneti per cui i 7 - 800 euro sono il 100 per cento della mensilità.

Franca Porto