Cisl: un congresso che guarda a tre “Veneti”

Lunedì, 15 aprile 2013

Il prossimo congresso della Cisl regionale (l’undicesimo dalla sua costituzione, contestuale a quella della Regione del Veneto) guarderà diritto negli occhi a quei tre “Veneti” che cinque anni consecutivi di crisi economica hanno prodotto.

Il primo Veneto è quello dell’eccellenza sia pubblica che di mercato. E’ costituito da quelle aziende, grandi medie e piccole, che si sono rafforzate nel contesto competitivo globale: hanno internazionalizzato, innovato, fatto acquisizioni e arricchito le risorse umane in termini di competenze e di professionalità. Si autofinanziano e riescono il più delle volte a praticare relazioni industriali molto avanzate con il sindacato. Tra queste sono numerose le piccole imprese che sono diventate leader di nicchia, iperspecializzate, velocissime nel convertire il prodotto. E’ il Veneto del turismo. E’ la cooperazione sociale che si è estesa anche come riferimento per l’inserimento lavorativo di molti giovani, italiani e non. Sono i servizi alle imprese, che si sono fortemente specializzati per competere. E non mancano le amministrazioni locali, alcuni corsi di laurea, alcuni indirizzi scolastici, alcuni centri di formazione professionale.

Il secondo Veneto, quello che resiste. Legato a produzioni, servizi e commerci dedicati soprattutto al mercato interno, mercato che è avvolto in una spirale recessiva. Il destino di questo Veneto è legato alla ripresa della domanda, su cui agiscono fattori extraterritoriali, il peso del fisco, il costo del credito, i tempi della burocrazia. Anche qui il sindacato c’è, magari per negoziare condizioni più accettabili per affrontare la transizione: ammortizzatori sociali, contratti di solidarietà, piani sociali sugli esuberi.

Il Veneto che non ce la fa più è quello delle aziende, grandi e piccole, che sono spiazzate dalla caduta strutturale dei mercati, da obsolescenza del prodotto e da una concorrenza insostenibile dei Paesi emergenti. In questo Veneto il sindacato corre, spesso come la Croce Rossa, per ridurre per quanto possibile i danni sull’occupazione e sul reddito dei dipendenti. Poiché non si tratta di interruzioni temporanee dell’attività ma di declini irreversibili lo sforzo maggiore è stato indirizzato a costruire strumenti di ricollocazione. I risultati, dove si è operato bene, non sono mancati. Ma i posti di lavoro nuovi sono sempre più di meno di quelli che vengono chiusi: centomila in meno. La stessa riforma Fornero del mercato del lavoro nulla può se non, e qualche segnale il Veneto lo ha dato, migliorare la qualità contrattuale dei rapporti di lavoro.

Con questi tre diversi “Veneti” va discusso e concertato un patto su misura. Un patto che rafforzi il primo, gli permetta di crescere e di dare soddisfazioni occupazionali maggiori ma anche che sia portabandiera per il mondo di come intraprendere ed investire nella nostra regione sia ancora un buon affare, per tutti.

Un patto che dia respiro al secondo, che gli permetta di rimanere attivo nelle produzioni e nell’occupazione, fino a quando ci sarà la ripresa dei consumi interni.

Più complesso il patto con il Veneto che frana: si tratta di dare nuove chance all’imprenditore e così anche al suo (sempre più ex) lavoratore dipendente.

I segnali per realizzare questo patto, che la Cisl a livello nazionale come in Veneto, propone e sostiene fin dalle prime avvisaglie della crisi, sembrano oggi più forti e motivati di ieri. Le recenti parole del Presidente di Confindustria hanno questo segno. In Veneto ci sono volontà, idee e risorse diffuse in tutte le Parti Sociali che possono fruttare bene se trovano spazio di espressione e concretizzazione. La crisi della politica, se da un lato fa male, dall’altro ha maggiormente responsabilizzato le rappresentanze anche perché, ognuna ha in sé i tre Veneti. Al congresso confermeremo, per l’ennesima volta, che la Cisl c’è.