Chi ha paura del profugo nero?

Giovedì, 19 maggio 2011

Sono passati pochi giorni dalla visita in Veneto di papa Benedetto XVI e sembra che molti abbiamo completamente dimenticato i suoi richiami rivolti alle genti ed alle istituzioni del Nordest "ad assumere importanti responsabilità in ordine alla promozione di una cultura di accoglienza e di condivisione, capace di gettare ponti di dialogo tra i popoli e le nazioni" e non come evento estemporaneo ma e soprattutto "nelle circostanze ordinarie della vita" .
Stiamo parlando dell'atteggiamento, non così minoritario e certamente non marginale, nei confronti dei profughi. Gli amministratori pubblici, a cominciare da presidenti di provincia e sindaci, che si rifiutano di accogliere queste persone, gli atti di ostilità messi in atto anche in questi giorni, i tentativi di montare rivolte xenofobe, sono il risultato di una cultura dell'intolleranza verso l'immigrato (lo straniero povero, per essere più chiari) che da anni viene agitata, alimentata e sostenuta come produttrice di voti e consenso politico.
Si tratta di una malattia che è comune a moltissimi Paesi europei e che si è acutizzata con la crisi, ripetendo un fenomeno sociale già accaduto più volte nella storia umana e con esiti a volte terribili.
Il sindacato non può che combattere questa malattia e contrastarne gli effetti. Lavoro e lavoratori si muovono da sempre di paese in paese, da continente a continente. La solidarietà e la protezione internazionale dei lavoratori sono impegni che quotidianamente portiamo avanti nelle sedi appropriate attraverso le nostre rappresentanze come la Confederazione Europa Sindacale e la Confederazione Sindacale Internazionale.
La cosa ci riguarda ancora di più se questi migranti sono profughi che fuggono da guerre e violenze. La grandissima parte di loro sono lavoratori e contadini con le loro famiglie. I ricchi di tutto il mondo hanno altre possibilità di fuga e sopravvivenza.
Riteniamo che il Veneto sia in grado, cooperando al suo interno, di accogliere in modo civile queste persone. Lo abbiamo fatto con migliaia di profughi del Kosovo che si sono perfettamente integrati nelle nostre comunità dove sono muratori, dipintori, metalmeccanici, cameriere, operaie.
Che il tutto debba essere fatto con intelligenza, compartecipazione, responsabilità (anche dei profughi stessi) non c'è dubbio ma gli eventuali errori e negligenze non possono essere scuse per rifiutarsi di fare la propria parte.
Chi ha annunciato invasioni barbariche come chi cercato di metterci una pezza usando espressioni come "impatto zero" (come se fosse una questione di inquinamento), chi ne ha parlato come un puro costo economico o una specie di nuova tassa come chi ha evocato fughe di turisti e nuova criminalità, deve rimangiarsi quello che ha detto e tornare ad un linguaggio che non sia buonista ma umano, usando le parole non della demagogia ma della razionalità. E' così che si governa, anche in Veneto: Anche se i profughi, questa volta, sono neri.

immigrati, Franca Porto