Iscos Veneto, in viaggio per portare aiuti ai profughi della Rotta balcanica
È trascorso ormai un anno e mezzo da quando Iscos Veneto ha avviato il suo impegno nei confronti dei migranti della Rotta Balcanica, migliaia di persone che ogni anno risalgono la penisola balcanica per arrivare nei paesi dell’Europa occidentale salvo poi ritrovarsi bloccati al confine.
Iscos Veneto nel proprio magazzino di Zanè, in provincia di Vicenza, grazie all’impegno di volontari provenienti da differenti realtà del territorio, prepara containers di vestiti, cibo e medicinali che vengono inviati nei campi in Serbia e in Bosnia, dove alcune associazioni provvedono a distribuirli ai profughi.
A fine maggio, un gruppo di soci di Iscos Veneto, con alcuni volontari del Circolo Arci SpazioCondiviso di Calolziocorte (LC) ed una rappresentante di Iscos Emilia Romagna, ha organizzato un viaggio per incontrare queste associazioni. Il 28 maggio il gruppo raggiunge con un pullmino la cittadina di Sid, in Serbia, dove molte persone cercano di entrare in Europa. “Per primi incontriamo i volontari di NNK (No Name Kitchen) - racconta il sindacalista Cisl Giancarlo Pederzolli, che accompagna il gruppo Iscos - otto ragazzi giovanissimi, tra cui tedeschi, americani, francesi e inglesi, impegnati ad offrire assistenza ai migranti che occupano gli edifici abbandonati o vivono nella boscaglia in attesa di tentare, giorno per giorno, di attraversare il confine, nonostante i continui respingimenti delle milizie”.
NNK fornisce alimenti e medicinali, distribuisce vestiti, lava quelli usati e offre l’uso di docce artigianali. Il gruppo segue i volontari attraverso i sentieri nella boscaglia, dove incontrano persone a cui vengono distribuite coperte ed altri generi di prima necessità. “È piovuto molto, si cammina nel fango, tra le sterpaglie e sentieri non tracciati. Anche i ragazzi di NNK hanno qualche difficoltà ad orientarsi. Il primo pensiero è che ci sarebbe bisogno di pile frontali, da inserire in futuro nei pacchi da spedire; la sola luce dei cellulari non basta, perché il tragitto può rivelarsi impervio ed incerto”.
I volontari si spostano poi a Subotica, al confine con l’Ungheria, dove incontrano Erica, la coordinatrice di Collective Aid (CA), associazione che offre aiuto a circa 800 migranti, soprattutto siriani, marocchini, tunisini e afghani, principalmente maschi molto giovani, ma anche famiglie. Tra i racconti di Erica colpisce in particolare l’episodio di violenza subìto da una donna siriana che, in fase di parto, è stata picchiata dalla polizia serba prima di essere portata in salvo insieme al neonato dai volontari.
Il viaggio prosegue alla volta del magazzino gestito da Colective Aid ad Horgos, località al confine con l’Ungheria vicino alla Romania, dove viene caricato il materiale che verrà distribuito lungo il confine e si allestiscono le docce. “Durante il tragitto ci fermiamo a raccogliere l'acqua che viene utilizzata sia per le docce che per riempire i serbatoi di quella potabile. Giunti sul luogo previsto, la scena a cui assistiamo è impressionante: decine di migranti si avvicinano un po’ alla volta, fino a diventare almeno centocinquanta. Si tratta per lo più di ragazzi che arrivano per ritirare il pacco composto da patate, vegetali, riso, uova, oltre a qualche prodotto di igiene: spazzolini da denti, lamette da barba, salviettine, saponette. Non facciamo a tempo a riempire i sacchetti che ne arrivano altri: sono tantissimi”.
Il gruppo raggiunge infine Belgrado, dove incontra l'associazione “Le donne in nero”, che descrive la politica migratoria in Serbia a sfavore dei profughi: in un anno sono state accolte dal governo solo 12 domande di asilo, eppure – sottolinea l’associazione – “la Serbia riceve più di 100 milioni di euro dalla UE, che potrebbero trovare un utilizzo più efficace per i campi profughi, offrendo servizi ai migranti”.
Qui inizia il viaggio di rientro a casa. “In tutti si consolida la determinazione di continuare l’attività di solidarietà internazionale di Iscos Veneto – conclude Pederzolli - attraverso lo strumento del magazzino di Zané e la collaborazione con la rete di gruppi, associazioni e collettivi che contribuiscono in Italia a raccogliere il necessario da inviare nei luoghi appena visitati. Un modo per testimoniare, ogni giorno, che un mondo migliore è possibile”.