Un 27 con meno tasse sul lavoro

Giovedì, 26 novembre 2009

Il 27 novembre la Cisl è impegnata a promuovere, con iniziative di sensibilizzazione, le sue proposte sul fisco.
Il 27, giorno per antonomasia di paga, ai cittadini delle principali città venete vogliamo anche spiegare perché abbiamo chiesto al governo che le famiglie vengano aiutate tramite una riduzione delle tasse per i lavoratori dipendenti e i pensionati.

Prima di entrare nel merito è sempre bene ricordare alcuni fatti incontrovertibili.
L'86% di chi dichiara un reddito e paga l'Irpef è un lavoratore dipendente o un pensionato e il 90% dei redditi dichiarati appartiene a queste persone. Pertanto l'imposta sulle persone fisiche, che con l'Iva rappresenta la principale voce di entrata per lo Stato, viene pagata prevalentemente da operai ed impiegati, al lavoro o in pensione.
Ogni anno un quinto della ricchezza nazionale viene sottratta al fisco tramite l'evasione fiscale che oramai ammonta a circa 100 miliardi di euro all'anno.
Dei redditi dichiarati il 91% è inferiore ai 35 mila euro mentre solo lo 0,9 supera invece i 100 euro annui.

Una recentissima ricerca fatta dal Dipartimento fisco della Cisl in stretta collaborazione con il nostro Caaf su due milioni di 730 (redditi 2006- 2008) ci dice che i redditi di lavoro e di pensione nominali sono aumentati in media di poco più del 3% all'anno (4% lavoro, 2% pensioni). Mettendo a confronto la crescita dei redditi con quella dei prezzi solo la metà dei dipendenti ha guadagnato qualcosa mentre il 95% dei pensionati ci ha perso. L'inflazione ha però fatto un brutto scherzo a salari e pensioni mettendo in moto il fiscal drag e conseguentemente un aumento sensibile del prelievo fiscale in percentuale, tale da annullare i benefici della riforma Visco del 2007.
In breve: lavoratori e pensionati, nella media, in questi ultimi due anni hanno perso reddito a causa dell'aumento della tassazione reale.

L'anno della crisi, quello che stiamo portando a conclusione, vede dunque i redditi delle famiglie sotto il fuoco incrociato della pressione fiscale da una parte e di cassaintegrazione e disoccupazione dall'altra. Il calo dei consumi (e quindi delle produzioni rivolte al mercato interno) denunciato da più parti, e l'impoverimento delle situazioni più precarie (con un peggioramento delle condizioni sociali locali), ne sono le conseguenze più immediate.

Da qui l'urgenza di intervenire, e non in via estemporanea, sul fisco mettendo al centro i lavoratori dipendenti ed il lavoro dipendente. Per i primi significa ridurre l'impatto dell'Irpef sui loro redditi (compresi quelli di pensione) e migliorare gli assegni familiari, per il lavoro allargare la detassazione dei primi di produzione e alleggerire il peso delle tasse sulle imprese che investono e non riducono il personale.
Obiettivo del governo deve essere anche quello di recuperare almeno un parte dell'evasione e di spostare il peso del fisco su patrimoni e rendite.

Impossibile farlo in un momento di crisi, con il debito pubblico deflagrato?
La Cisl, in modo responsabile, ha invitato il governo a promuovere un "patto fiscale" tra le parti economiche che si concretizzi in un "avviso comune" dove vengono indicate le spese da tagliare nel bilancio pubblico e le voci sulle quali investire le somme risparmiate.
Ridurre del 10% le uscite del bilancio dello Stato significa avere a disposizione, a conti fermi, oltre 40 miliardi di euro.
Certo che, per fare questa operazione, serve coraggio, idee chiare e concertazione. Ma il susseguirsi di 27 del mese dove paghe e pensioni sono sempre più ridotte non porta a nulla di buono, per nessuno.

fisco, eventi Cisl, Franca Porto