Terremoto e capannoni, mettiamo il Veneto in sicurezza

Giovedì, 07 giugno 2012

Sotto i quasi 90.000 capannoni ad uso produttivo che si addensano nel territorio veneto lavora almeno uno su tre degli occupati nella nostra regione, siano essi lavoratori dipendenti, imprenditori o dirigenti.

Delprefabbricato sappiamo che, accanto alla positiva equazione “capannone = lavoro”, è diventato anche simbolo di sfregio del paesaggio (e, a volte, è vera deturpazione di ambienti unici), di caos urbanistico e viario, come pure opera edile molto pericolosa (i morti ed i feriti gravi nel cantieri di edificazione e manutenzione di questo edificio non sono pochi).

Ora, dopo i tragici fatti dell’Emilia, sul capannone sta calando l’ombra della insicurezza per chi ci lavora quotidianamente: reggerà alle scosse di un eventuale sisma? La mappa del rischio sismico assegna colori tenui a gran parte del territorio veneto, comprese le sue aree a più alta densità industriale e manifatturiera. Tutto ciò, ed i terremoti emiliani ce lo ripetono da giorni con insistenza, non ci mette fuori pericolo. Anche se costruiti nel rispetto della normativa è possibile che i capannoni non resistano.

Per questo, senza fare allarmismi, riteniamo che urga realizzare una completa azione di mappatura di quelli in uso, verificandone il livello di sicurezza sismica ed individuando gli interventi necessari a rafforzarla. Anche le Università venete potrebbero contribuire a questa azione straordinaria.

In questa azione devono essere coinvolti, oltre alle aziende e agli imprenditori, sia i lavoratori tramite i loro rappresentanti alla sicurezza che le istituzioni locali.

Ci sono poi dei costi da affrontare, una cultura da promuovere, delle procedure da sostenere. In tempi di crisi potrebbero diventare ostacoli difficili da superare per molti. Dobbiamo quindi pensare alla “Operazione capannone sicuro” come ad una azione che deve trovare la partecipazione di tutti i soggetti, istituzionali e privati, interessati. La Regione dovrebbe quindi attivare uno specifico tavolo di concertazione, coinvolgendo anche gli enti locali e gli ordini professionali interessati, per stabilire un piano di lavoro comune che, assieme al tema (fondamentale) della disponibilità di risorse finanziarie pubbliche affronti anche quello della semplificazione burocratica per rendere più semplici, sotto il profilo delle procedure, gli interventi per migliorare la sicurezza sismica degli edifici industriali. Un aiuto potrebbe arrivare anche dagli enti bilaterali, sia con l’erogazione di contributi che nella formazione del personale.

Da un tavolo di concertazione partecipato e animato da realismo e dalla ricerca dell’interesse comune potrebbero uscire anche proposte da avanzare al Governo che pure, per bocca di un ministro autorevole, come lo è il titolare del dicastero dell’ambiente Corrado Clini, ha riportato all’ordine del giorno delle cose da fare il piano per la messa in sicurezza del Paese.

Il Veneto che vanta una consolidata ed efficiente Protezione Civile, potrebbe dare il via a quella “Prevenzione Civile” che tutti richiamano a voce e allontanano con le mani.

Guardando all’Emilia di questi giorni rivediamo il Veneto del novembre 2010. E non intendiamo chiudere gli occhi.