In piazza per una Stabilità che muova le risorse del Paese

Domenica, 15 dicembre 2013

La legge che chiediamo, scendendo in piazza per l’ennesima volta, va ben oltre la logica del provvedimento che dispone una aritmetica stabilità dei conti pubblici. Questa stabilità “contabile” deve essere solo il perimetro entro il quale si smobilizzano risorse utili a mettere in moto ben altre dinamiche, economiche e sociali, in un Paese che ha cinque anni è come impietrito davanti alla crisi.
Anche per le forti novità che vive la politica nazionale, Governo e Parlamento, in coerenza con gli impegni e le dichiarazioni di molti loro rappresentanti - ultimo il discorso del presidente Letta per il rinnovo della fiducia- possono fare di questa legge di stabilità un chiaro indicatore di dove si vuole andare nei prossimi anni. In pratica quali sono le priorità in tema di crescita e quindi di sviluppo economico e di occupazione.
Noi, ad esempio, diciamo che ci devono essere le risorse certe, sufficienti e tempestive per finanziare gli ammortizzatori in deroga e i contratti di solidarietà. Questa è una scelta che va oltre la mera disponibilità di cassa: è il riconoscimento che non si abbandona il campo delle iniziative per il contenimento dei licenziamenti e nemmeno quello della garanzia di un sostegno minimo a chi ha perso, in toto o in parte, la sua fonte di reddito. Stiamo parlando di non poche persone: oltre centomila nel solo Veneto.
Abbiamo anche chiesto una maggiore riduzione delle tasse sul lavoro dipendente e pensioni. Sarebbe forse meglio dire che vogliamo una reale riduzione: 19 euro al mese in meno di Irpef (per i più fortunati) non significano nulla. Anche in questo caso non una operazione di cassa ma una scelta di fondo: le risorse per questo intervento devono arrivare dal taglio degli sprechi e dalla lotta all’evasione fiscale. Di più: la nostra proposta è che venga introdotto una specie di meccanismo a vasi comunicanti: ciò che si recupera come sprechi ed evasione vada nelle tasche del lavoro con la riduzione del cuneo fiscale.
Un ultimo esempio: la redistribuzione del reddito verso il basso. Non basta tassare le cosiddette pensioni d’oro. Vanno tassati anche i patrimoni e le rendite.
Già alcuni emendamenti al testo originario riconoscono queste nostre argomentazioni: dagli interventi sulle pensioni più alte (compresi i vitalizi dei politici) per disporre di risorse a favore degli esodati alla tracciabilità dei pagamenti dell’affitto. Ci attendiamo però molto di più.
E non solo da Roma. Vorremmo che anche chi amministra in Veneto prendesse stabilmente questa direzione e non solo a parole. Ci chiediamo perché solo poco più di 150 Comuni (su 530) collaborino con l’Agenzia delle Entrate nella lotta all’evasione fiscale oppure perché i rappresentanti di molte forze politiche continuino la battaglia per impedire la chiusura delle province. Ci piacerebbe anche che le Prefetture e gli organi periferici dello Stato producessero iniziative coordinate contro la illegalità economica fatta di lavoro nero, fabbriche invisibili, concorrenza sleale, evasione.
Queste sono le nostre grandi e piccole piazze che, senza agitare forconi, pretendono da tutti un non più rinviabile cambio di rotta.