Cosa ci aspettiamo dopo il 5 marzo

Venerdì, 23 febbraio 2018

Possiamo sintetizzare in poche parole ciò che ci aspettiamo dai parlamentari veneti eletti il 4 marzo: che operino per un Veneto più connesso. Più connesso al resto del Paese, più connesso all’Europa, più connesso alla globalizzazione ma anche più connesso al suo interno. Siamo convinti infatti che le politiche che propongono visioni e prassi di chiusura, separatezza, diversità esasperata non producano niente di buono per la nostra regione, anzi.

Se guardiamo alle necessità dell’economia (da cui dipende sempre di più il lavoro) sappiamo bene che per il Veneto è essenziale importare ed esportare e che, per affrontare le nuove (ma neanche tanto) sfide - dalla innovazione tecnologica (Industria 4.0) alle dimensioni aziendali, passando per il credito – alle nostre imprese non servono certamente interventi protezionisti e il ritorno alla lira.

Il primo impegno “connettivo” che ci attendiamo quindi dai prossimi parlamentari veneti riguarda quindi impegno per favorire la partecipazione attiva del Veneto alla globalizzazione con la infrastrutturazione strategica nazionale/regionale (tanto per citare: la Via della Seta), le politiche energetiche, il percorso Industria 4.0, il rafforzamento della coesione europea, gli interventi per la tutela della qualità, le azioni per incentivare gli investimenti stranieri non speculativi.

La seconda connessione che vorremmo fosse curata è quella tra economia e lavoro. Siamo preoccupati quando sentiamo che nel programma di alcune formazioni politiche vi è la cancellazione del c.d. Jobs Act. Ci siamo impegnati per migliorarne alcuni punti critici e, senza regalare niente a nessuno, ne abbiamo monitorato gli effetti: in Veneto sono sicuramente positivi in termini di posti di lavoro, compreso il buon lavoro e di tutela dei diritti dei lavoratori.

Piuttosto questo percorso di riforma va portato a termine accendendo i fari su tre questioni: l’occupazione giovanile (verificando l’efficacia dei provvedimenti disposti nella legge di Bilancio 2018), le politiche attive per il lavoro e il rapporto tra istruzione e lavoro.

Qui va ben giocata la carta della maggiore autonomia richiesta a favore di Palazzo Ferro Fini e Balbi: Ci servono nuove deleghe per rendere maggiormente performanti le politiche per il lavoro alle dinamiche nel nostro mercato del lavoro.

La terza nostra priorità sta nelle riconnessioni interne al Veneto. A partire dalla coesione sociale che è stata messa a dura prova con la recessione ed è minata da interventi amministrativi che pretendono di risolvere i problemi della povertà, dell’esclusione, della complessità sociale, applicando regole discriminatorie, antisolidaristiche oppure di puro assistenzialismo. Si va dal “non ti riconosco” al “ti mantengo”. In entrambi i casi soluzioni dannose per tutti oltre che difficilmente praticabili. I parlamentari veneti dovrebbero prendere esempio da quello che invece c’è di buono in Veneto nelle esperienze di welfare sussidiario, di nuovo mutualismo, di integrazione e promozione sociale con il lavoro per indirizzare le scelte del governo e del Parlamento.

Certamente servirebbe un rapporto più costante e produttivo con le rappresentanze sociali, ci vorrebbe quel cosiddetto “fare squadra”.

Qualcosa, sulla formula del “facciamo lobby”, va quindi detto.

Finora la politica veneta si è dimostrata- salvo rare ed encomiabili eccezioni - poco attratta da questo modus operandi e molto distratta dai ben più comodi “obblighi” di schieramento. E’ pura fantasia quindi ipotizzare una svolta collaborativa? Sicuramente noi continueremo ad avanzare proposte e a proporre azioni comuni. Ne anticipiamo già ora alcune: la riforma del sistema bancario sulle linee tracciate dal manifesto “Adesso Banca!”, il potenziamento numerico e qualititativo del personale della scuola pubblica in forza nei 605 istituti veneti, una migliore ripartizione delle deleghe tra Stato e Regioni che ponga fine ai conflitti (ponendo così le basi per una efficace autonomia regionale), il sostegno al welfare aziendale e territoriale, il superamento della attuale legislazione sull’immigrazione che rallenta i processi di integrazione, la tutela degli spazi contrattuali nelle relazioni sindacali.

Ci vediamo tutti il 5 marzo.