Riforme e lavoro sotto la buona stella dell’Europa

Martedì, 27 maggio 2014

 Domenica scorsa gli italiani hanno espresso una doppia scelta europeista: partecipando alle votazioni (più che in altri Paesi) ed affidando la loro rappresentanza alle formazioni filo-europee. Nulla era dato per scontato, anzi, ma le schede elettorali parlano chiaro. Il massimo beneficiario (in quanto principale artefice) di questo cambiamento di rotta è stato il Presidente del Consiglio che ha trainato il suo partito ad un risultato senza precedenti. Basti pensare che, per la prima volta nella storia, sinistra è a primo posto in Veneto dove elettori hanno anche scelto di abbandonare o non premiare le liste più anti- europee.

Nulla di conservatore in queste opzioni: italiani e veneti vogliono o, per meglio dire, pretendono, che il paese finalmente cambi e cancelli inefficienze, sprechi, diseguaglianze, corruzione, ecc. Per ottenere questo cambiamento si sono affidati alla politica e hanno invece diffidato il populismo.

Ora Renzi con il suo partito ha risorse straordinarie per realizzare questa rivoluzione: ha avuto la sua consacrazione elettorale, a Strasburgo il PD è il primo partito di una delle due grandi famiglie che determinano le politiche dell’Europa (socialisti e popolari), il successo elettorale è un esplicito mandato a fare vere riforme ed infine tra breve inizia il Semestre UE a guida italiana.

Aggiungiamo che nessuna formazione politica presente in Parlamento vuole ora andare ad elezioni anticipate e l’autorevolezza del Presidente della Repubblica ne è uscita rafforzata.

Premier, partito di maggioranza, coalizione di governo e una stessa parte dell’opposizione possono ora, e quindi devono, riconoscere il credito accordatogli dagli gli elettori accelerando sulle riforme. A partire da quelle istituzionali e relative al buon funzionamento della macchina pubblica. Va colta l’opportunità di delineare, entro questa legislatura, il perimetro della “terza repubblica”: nuovo sistema elettorale, semplificazione del sistema legislativo (Camera dei Deputati) e dell’amministrazione locale (via Province e altri enti intermedi), riorganizzazione del funzionamento della PA, riduzione dei costi e della invadenza della politica.

Contemporaneamente va data una risposta forte alla crisi riaprendo le porte alla crescita economica e, in primo luogo, al lavoro. Bene dunque l’obiettivo di portar fuori dai vincoli del patto di stabilità gli interventi per l’istruzione, la ricerca e le infrastrutture. Bene, dopo il bonus, allargare la riduzione del prelievo fiscale sui redditi più bassi. Ma serve molto di più. A partire da scelte che favorendo la competitività del nostro sistema manifatturiero ne ripartiscano gli utili in termini di maggiore occupazione oltre che di reddito. Per l’economia della nostra regione questo è un passaggio cruciale. Il Job Act deve prevedere anche misure che incentivino in via definitiva e strutturale lo scambio tra crescita della produttività e nuova occupazione (ad esempio togliendo dall’oblio i contratti di solidarietà espansivi), salario aggiuntivo e, più ancora, welfare integrativo. Dall’ennesima riforma del sistema degli ammortizzatori sociali (auspichiamo quella definitiva) ci aspettiamo un maggiore bilanciamento tra interventi di sostegno economico e le politiche attive per la rioccupazione. Ma la vera rivoluzione sta nel passare nelle aziende da un sistema conflittuale a quello partecipativo. Le esperienze europee, come quella tedesca, dimostrano che la partecipazione dei lavoratori all’impresa non toglie nulla alla tutela e ai diritti, semmai il contrario.

Così dovrebbe essere anche nel sistema del lavoro pubblico, le cui necessarie specificità trovano legittimazione nell’etica del servizio alla collettività.

Abbiamo fatto un breve elenco di cose da fare che, per concretizzarsi, richiedono non solo norme di legge o di contratto, quindi scelte “centralistiche”, ma un cambiamento di mentalità, di pensiero e di orizzonte a tutti i livelli.

Come spesso si sente ripetere in queste settimane, serve fare sul serio. Ma dobbiamo farlo tutti, in Veneto come in Italia, così quella dell’Europa tornerà ad essere una buona stella.