12° Congresso regionale di Fim Cisl Veneto: riconfermato segretario generale Nicola Panarella
«La guerra dei dazi Usa darà un ulteriore colpo al già traballante sistema produttivo europeo, che paga una politica incapace di far fronte al nuovo scenario mondiale e in forte ritardo nel rispondere alle sfide della transizione verde e digitale. Presa in contropiede, in particolare per il settore dell’automotive, l’Europa pare accorgersi solo ora della necessità di una strategia economica unitaria e di tecnologie da mettere in campo, oltre che di risorse da destinare. Un esempio su tutti sono le auto elettriche: se oggi non si vendono non è solo per gli alti costi di acquisto, ma anche perché mancano infrastrutture di ricarica adeguate. Il problema non è dunque il Green Deal in sé, è piuttosto una questione di visione e programmazione». Così Nicola Panarella riconfermato segretario generale di Fim Cisl Veneto, la categoria dei metalmeccanici, riunita ieri e oggi a Soave (Verona) per il suo 12° Congresso regionale. Accanto a lui restano in Segreteria Serena Iacovelli, di Verona, e Angelina Frison, di Pove del Grappa (Vicenza).

Anche se il Veneto si distingue ancora per una forte vocazione manifatturiera, le criticità non mancano. Il settore metalmeccanico nello specifico sta infatti affrontando con molte difficoltà la transizione digitale ed ecologica, la crisi energetica e l’aumento dei costi di produzione. Sofferenza in primis per l’automotive, come noto, che in Veneto è rappresentato dal segmento della produzione di componentistica, già impattato in misura considerevole dalla difficile congiuntura. E pure per il termomeccanico, per il quale Fim Cisl Veneto lancia l’allarme guardando al già anticipato, ma ancora non definito, passaggio indicato dall’Europa dalle caldaie a gas (che da noi contano anche aziende di buone dimensioni) alle pompe di calore.
«Le previsioni non sono delle migliori – spiega Panarella–.Oltre che con un’Europa rimasta dormiente, oggi facciamo i conti con la mancanza di vere politiche industriali nel nostro Paese. Ci aspettiamo scelte opportune in termini di politiche fiscali e di investimenti pubblici a supporto della crescita delle imprese come della ricerca, insieme a piani di sviluppo per le infrastrutture e ad adeguati ammortizzatori di sostegno alla transizione». E sul fronte della transizione ecologica, che resta imprescindibile ma deve essere equa e sostenibile e salvaguardare i posti di lavoro, è centrale il nodo delle energie alternative: «Siamo ancora troppo legati a sistemi di produzione di energia non sufficienti e a energia acquistata all’estero a caro prezzo – ribadisce ancora il segretario generale –. La decarbonizzazione può raggiungersi solo con un sistema misto per la produzione di energia. Se si vuole tanta energia (e ne servirà sempre di più), a basso costo e pulita, la politica del Nimby (not in my back yard, “non nel mio cortile”) deve essere superata come deve essere ripreso lo sviluppo di tecnologie fino ad oggi non utilizzate, compreso il nucleare, aumentando in maniera esponenziale gli investimenti sulla fusione e anticipando i tempi dell’entrata in funzione di quella tecnologia. È arrivato il momento di guardare meno agli utili e più al futuro del mondo».
A pagare in misura maggiore la crisi e il prezzo delle transizioni molto più delle aziende sono i lavoratori, il cui Ccnl è peraltro scadutoda giugno 2024. Per questo sono in atto diverse azioni di mobilitazione, come lo sciopero nazionale dello scorso 28 marzo con Fiom Cgil e Uilm Uil. Fitte le trattative in corso con Federmeccanica e Assistal per il suo rinnovo, ma la transizione dell’automotive e la crisi energetica non aiutano certo a concludere i negoziati.
Come emerso a più voci al Congresso, centrali restano per il comparto la difficoltà di reperimento di lavoratori, il necessario potenziamento della formazione per garantire le competenze adeguate per affrontare le sfide della rivoluzione digitale ed ecologica, la tutela di salute e sicurezza sul lavoro e la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese per dare un impulso decisivo all’evoluzione delle relazioni industriali.
«La partecipazione è identitaria per Cisl – ha sottolineato nel suo intervento il segretario generale di Cisl Veneto Massimiliano Paglini – È l’architrave sul quale poggia il nostro dna fondativo, dai movimenti sociali cattolici alle leghe bianche. E la prossima approvazione della legge, che applica l’articolo 46 della Costituzione, sarà un fatto straordinario. In primo luogo perché uno dei rari casi di approvazione di una legge di iniziativa popolare, in secondo perché finalmente potremo avviare un processo di trasformazione dell’economia e della società che saprà generare maggiore distribuzione della ricchezza, più welfare, più sicurezza». Tema, quest’ultimo, su cui ha aggiunto: «Rimane la priorità assoluta della nostra azione, per questo chiederemo alle organizzazioni datoriali di avere ancor più coraggio e rafforzare i sistemi di prevenzione e di vigilanza, come fatto nell’artigianato con i rinnovi di fine 2024». E poi ancora: «A loro e alla Regione chiederemo anche di progettare politiche abitative, demografiche e industriali che ridiano centralità e attrattività al sistema veneto. Non dobbiamo rassegnarci al declino, ma unire le forze per difendere e rafforzare l’industria pesante, anche rendendola capace di convertirsi rapidamente a nuove produzioni».
Con il titolo “L’ERA della partecipazione: un altro mondo è possibile”, il Congresso ha visto la presenza anche del segretario generale di Fim Cisl nazionale Ferdinando Uliano.