Sulla riforma serve una “discussione informata”

Mercoledì, 04 aprile 2012

Considero la riforma del mercato del lavoro del ministro Fornero utile per il lavoro e per il Paese, anche se non conclusiva.

Una buona riforma che, pur non prevedendo tutto ciò che noi vorremmo e come lo vorremmo, rappresenta sicuramente un concreto e positivo rinnovamento dell’attuale quadro delle regole di questo speciale mercato nel quale le figure dei giovani e delle donne apparivano sempre più stinte e marginali.

Naturalmente ogni riforma, proprio se è tale, mette in discussione le pratiche consolidate, le vecchie sicurezze; non è quindi un caso che si attorno a questa riforma si siano sollevate proteste e dubbi, comprensibili anche se non sempre fondati.

La riforma Fornero non procede infatti per estensione pura e semplice delle tutele (tutte, al massimo, e per tutti) ma con una loro riorganizzazione a vantaggio di chi inizia a lavorare.

Se perciò dobbiamo dare risposte a chi protesta o pone dubbi, non possiamo però non metterci anche nei panni di chi ha dovuto accettare un lavoro con una pseudo partita IVA, facendo il tirocinante o passando da un contratto a termine all’altro, da un apprendistato all’altro. Negli ultimi anni, e con la crisi ancora di più, così è per 80% dei giovani in Veneto.

Aggiungo che è nostro dovere (perché interesse di proprio tutti i lavoratori) tutelare anche coloro che, magari per i limiti della rappresentanza sindacale tradizionale, rischiano di vedere mortificate le loro istanze ai tavoli decisionali. E non stiamo parlando di piccole minoranze. Tanto per dire: nella nostra regione 1 lavoratore su 3 è escluso dallo Statuto dei lavoratori, 1 su 4 è sostenuto solo da ammortizzatori in deroga (cioè provvisori).

Non a caso la revisione ed il riordino delle regole del mercato del lavoro è, da tempo, una precisa richiesta sindacale (a cominciare dal superamento delle flessibilità malate), che la crisi e il suo prolungarsi hanno reso più urgente ed indispensabile.

La piena e corretta conoscenza e la conseguente reale valutazione delle “regole Fornero” (alla cui stesura le Parti Sociali hanno non poco contribuito) è indispensabile per riportare lucidità nella discussione ed equilibrio nella scrittura delle norme. Gli ostacoli sono però molti.

Non nuovo il primo: la discussione pubblica si sta polarizzando tra il senzazionalismo dei media ed il tecnicismo degli esperti. Inediti invece gli altri. Questa riforma viene infatti proposta in una fase di crisi prolungata: una condizione che non facilita il cambiamento in quanto lo fa vivere come ulteriore incertezza. Agitarla poi come medicina capace di curare (quasi) tutti i mali del Paese è una espressione di ottimismo talmente fuori luogo da diventare controproducente.

Infine anche i partiti ci mettono del loro. Dalle oscillazioni sui contenuti della maggioranza che sostiene il governo, che danno l’idea più del compromesso politico che della soluzione di sostanza, al catastrofismo elettoralistico delle opposizioni, non arriva nulla di utile, anzi: i lavoratori sanno che questi o quelli torneranno al governo proprio nel momento in cui i provvedimenti diventeranno operativi.

Il compito della Cisl in questi giorni è dunque quello di svolgere il suo ruolo di rappresentanza totale degli interessi, complessi e frazionati, riportando la discussione e la critica dentro i binari di quella “discussione informata” che, mettendo da parte strumentalizzazioni e demagogia, garantisce partecipazione sociale e buona democrazia.

Lo dobbiamo a chi, alla fine, paga sulla propria pelle il conto delle scelte sbagliate ma anche delle riforme mancate.