Marco, il professore e la riforma da portare a compimento

Lunedì, 19 marzo 2012

Marco Biagi, a terra, colpito dal fuoco dei brigatisti, prima di morire disse a chi era accorso per soccorrerlo “per favore aiutatemi”. L’intervento, seppur immediato degli operatori del 118, fu però vano. A distanza di 10 anni non possiamo però lasciare inascoltato quell’ultimo, gentile, appello di un uomo gentile: l’idea di riforma, studiata e sostenuta dal professor Biagi, realizzata a metà dalla politica di allora, deve trovare oggi il suo completamento con il governo dei professori, sostenuta dalla politica e accordata con il sindacato.

La riorganizzazione delle regole sul mercato del lavoro che Marco Biagi proponeva non era quella di bilanciare le vecchie rigidità con la precarietà ma di introdurre flessibilità regolata, abbinata a nuove e più estese e robuste tutele per i lavoratori.

Nella sostanza è ciò che ora siamo chiamati a realizzare sotto l’imperio di una crisi che, falciando la parte “buona” dell’occupazione fa emergere ancora di più quella “malata” ed allarga la distanza dei diritti reali tra anziani e giovani.

La crisi non è però l’unico diverso contesto nel quale si opera per  questa riforma del mercato del lavoro. C’è quello politico che sta innanzitutto nella diversa direzione verso ed entro cui si svolge l’azione di governo. L’Italia è tornata dentro il contesto delle politiche dell’Unione Europea la cui agenda non è più un libercolo da cui prendere le paginette più facili, ma è diventata un vero e proprio compito con tema specificato con domande precise e risposte controllate e corrette; in alcuni casi un dettato.

La politica, poteva fare un passo in avanti e trovare, come chiedevamo, impegno unitario per affrontare il cambiamento. Ha preferito però fare un passo indietro e cedere il governo ai professori e all’autorevolezza istituzionale del Presidente della Repubblica.

In questi così diversi contesti il sindacato, la Cisl, deve continuare a fare la propria parte.

Che non è quella di incaponirsi sul passato ma di partecipare, con gli interessi che rappresenta, al cambiamento.

E’ stato difficile farlo nella riforma della previdenza per la forte chiusura iniziale del governo ad ogni discussione. La forza della ragione dei nostri argomenti ha però smussato, ed in alcuni casi cancellato, le parti più aspre dei provvedimenti governativi e la partita è ancora aperta.

La partenza difficile del confronto sulla riforma del mercato del lavoro (che, ricordiamo, è a tutto tondo: dalle tipologie contrattuali agli ammortizzatori) ha trovato nel suo proseguo un atteggiamento di tutti, governo compreso, più aperto e disponibile. Ci sono le condizioni per un accordo serio e non pasticciato.

Potremmo così, a distanza di dieci anni, poter dare una degna risposta alle ultime parole di Marco Biagi: “Grazie, professore, per averci aiutato”.