Le (troppe) tasse non dividano i produttori

Giovedì, 19 luglio 2012

Il peso delle tasse accomuna l’Italia onesta e gli onesti non devono separarsi.

In questo modo facciamo nostre le considerazioni di Umberto Ferretto pubblicate dal Corriere del Veneto e accogliamo l’invito del suo direttore, Alessandro Russello, a dare delle risposte e ad aprire una discussione sulle questioni sollevate dall’imprenditore vicentino.

Facciamo nostre le sue considerazioni in primo luogo perché sono un “ragionamento” e non il solito lamento/minaccia: la razionalità, quando si parla di tasse, è cosa rara e quindi sempre apprezzabile.

Le facciamo nostre poi perché il peso delle tasse sulle persone che noi rappresentiamo è, a volte, tale da mortificare le loro possibilità di investire sul futuro. Così come è per la Ferretto Group.

Lavoratori dipendenti ed aziende hanno dunque in comune un fardello fiscale che, oltretutto, la crisi ha appesantito. Un carico che è diventato spesso difficile da sostenere specie per chi proprio ora avrebbe bisogno di maggiori disponibilità economiche. Così è per le aziende che devono fare gli investimenti per crescere o magari solo per restare nel mercato e anche per dare giusta remunerazione al capitale (indispensabile per attirare nuovi investimenti ed investitori); così è per le famiglie dei lavoratori dipendenti che devono sopperire alla perdita di reddito causata dalla riduzione del lavoro (licenziamenti, mancata occupazione, cassaintegrazione) e quindi per poter mettere su casa, avere più istruzione, fare figli, oltre che consumare il quotidiano.

E’ giusto quindi pretendere una adeguata riduzione della tassazione? Certamente sì. Facendo però i conti con quei conti pubblici (cioè di tutti) che devono essere risanati oggi e non il giorno di mai.

Le due cose sono compatibili anche se non facilmente.

Serve infatti una grande opera di ristrutturazione degna di un Paese di grandi costruttori come lo siamo (forse più all’estero che entro i confini nazionali). Un cantiere dove si procede, in contemporanea, su tre interventi: la riduzione del peso della spesa pubblica senza indebolire il Paese, la sostituzione di una parte del prelievo fiscale sugli onesti con quello sugli evasori e sulle rendite e infine una seria tassazione sui patrimoni.

Un cantiere che, fino a qualche mese fa, era più una fantasia che un programma politico e civile. Oggi però queste cose sono oggetto di ragionamento e, seppur ancora troppo timidamente, di azione di governo. D'altronde alternative non ce ne sono: dalla loro progressiva realizzazione dipende la possibilità di ottenere in modo duraturo quello che noi e i tanti Ferretto giustamente pretendiamo: la riduzione delle tasse sul reddito generato dal lavoro produttivo, cioè sui salari e sul reddito d’impresa. Peraltro due fattori fondamentali per riprendere a crescere ed uscire dalla crisi.

Se siamo d’accordo su questa analisi abbiamo già trovato due forti motivi, strettamente connessi, per cui vale la pena di restare in Italia.

Il primo è che qui, in Italia ed in Veneto, ci sono tutti quei soggetti, imprenditori e lavoratori, che hanno fatto crescere Ferretto Group ed un sistema industriale manifatturiero tra i migliori al mondo e, contemporaneamente, hanno creato un benessere diffuso e fortemente solidarista.

Questi stessi soggetti, i produttori, non possono oggi separarsi, dividersi e prendere strade diverse, perché da loro, soprattutto da loro, dipende il buon esito di quella ristrutturazione che serve a tutto il Paese.

E’ questa la pena, l’ennesima fatica, di chi vale.