L’Emilia ci è più vicina

Giovedì, 31 maggio 2012

Degli effetti dei terremoti che hanno colpito l’Emilia, dopo la tragedia dei morti e la pena delle famiglia senza casa, ci ha colpito in modo particolare la strage sul lavoro. I capannoni sono crollati sulla testa di operai, tecnici e degli stessi imprenditori.

Così si è moltiplicato il numero delle vittime tra il primo (avvenuto di notte, quando erano al lavoro i turnisti) ed il secondo (avvenuto al mattino con le aziende nel pieno dell’attività produttiva).

Accanto alle nuove vittime altre macerie di quelle che erano fabbriche ed impianti produttivi.

Come veneti possiamo “sentire” fino in fondo il dramma emiliano. Pur nella sua diversità (il numero delle persone che allora persero la vita fu, fortunatamente, di molto inferiore) l’esperienza dell’alluvione del novembre 2010 ci avvicina: oltre duemila aziende, fabbriche, laboratori artigianali, negozi spazzati via dalle acque o annegati nel fango.

La prima preoccupazione, appena cessata l’immediata emergenza, fu quella di ripartire, di non dover aggiungere al conto, già salato, della crisi altri posti di lavoro persi e altre aziende chiuse. Lo è ancora di più oggi, per l’Emilia, come noi cuore produttivo del Paese, dove l’uscita dal tunnel della crisi potrebbe ancor più allontanarsi a causa della distruzione fisica di una parte del suo sistema economico.

Le cronache di questi giorni ci raccontano anche di una, magari inaspettata, somiglianza tra Veneto ed Emilia- Romagna. Una somiglianza, per molto tempo celata dalle diverse (ed in alcuni casi opposte) storie politiche, che mette in comune cose forti come l’attaccamento al lavoro, la voglia di far impresa, una robusta coesione sociale, le caratteristiche del tessuto economico (dal turismo all’industria di esportazione, dai distretti alla piccola impresa diffusa), un mondo del lavoro dove la presenza degli immigrati è oramai strutturale (e le nazionalità come le provenienze geografiche nazionale dei lavoratori vittime dei terremoti ne sono una tristissima conferma) ed infine l’imperativo del giorno dopo: ricostruiamo.

Le scosse dei due terremoti hanno fatto crollare muri, travi, soffitti antichi e nuovi come le correnti d’acqua e fango dell’alluvione si portarono via e distrusse cose e case. Peggio ancora hanno tolto la vita a decine di persone.

Teniamo quindi ancora più in grande considerazione questa non più velata somiglianza, questa “scoperta”.

Ci serve non solo per far sentire meno soli gli emiliani e per non lasciare che sia l’ampiezza dei sismi e dei disastri conseguenti a determinare la geografica della vicinanza, ma anche a comprendere che ci sono, in tutto il nostro Paese, volontà, risorse e capacità per ricostruirlo, anche meglio di prima. E’ ciò che ci serve e non solo perché c’è stato un alluvione e un terremoto.