Crisi: tornare al giusto valore della moneta

Giovedì, 07 febbraio 2013

Le crisi finanziarie sono insite nel sistema capitalistico,sono la sua malattia cronica, oppure sono effetti passeggeri, dovuti a sue temporanee disfunzioni?

Chi sostiene la prima tesi fa una critica radicale al capitalismo come sistema basato sul denaro che genera altro denaro. Le crisi rappresentano l’essenza stessa di ristrutturazione e rilancio su nuove basi del sistema capitalistico. Non sono quindi evitabili. Chi sostiene la seconda tesi è invece convinto che la finanza si può governare con appropriati strumenti di regolazioneevitando così che provochi danni al sistema. E’ la posizione riformista, ben rappresentata da coloro che hanno fiducia negli interventi di regolazione politica o terza quando i mercati finanziari non appaiono in grado di autoregolarsi.

Tra questi ultimi si colloca il prof. Marcello Messori, economista, che però in un recente intervento ha denunciato come i fondi tossici più spregiudicati, i virus della crisi finanziaria, riescano a modificarsi nel loro funzionamento ben più velocemente dei provvedimenti che vengono prodotti dalle varie autorità per regolarli.

Ciò significa, come confermano molti altri indicatori, che la finanza sregolata o non regolabile in tempo reale èfuori dalla portata di ogni attuale tipo di controllo.Una conseguenza di questo fatto è che chi ha soldi ne guadagna sempre di più: un fattore destabilizzante perché aumenta la disuguaglianza sociale e premia l’antimeritocrazia.

In Veneto poi siamo molto colpiti dalla crisi finanziaria perché il nostro sistema ha avuto successo quando il denaro era un indicatore di scambio di valore, le nostre banche erano ancorate al territorio di cui accumulavano i risparmi che ritornavano in forma di prestiti a intraprese; il denaro circolava e la società ha goduto di una certa uguaglianza sociale. Si è trattato di una uguaglianza tendenziale, nel senso che si avvicinava la classe meno abbiente a quella più ricca. Ma è stato anche un periodo di grande mobilità sociale in ascesa, con i figli di operai che accedevano all’università e potevano fare un lavoro più remunerativo del genitore.

Oggi, invece, è conveniente investire il denaro in finanza piuttosto che in imprese, lavoro e consumi. In quale modo se ne viene a capo? Intervenendo con radicalità sulla scissione tra la moneta come indicatore del valore finalizzato allo scambio (di beni, di lavoro, di servizi, di cura) e la moneta come riserva di valore. Ciò è possibile attraverso una drastica regolazione dei fondi speculativi e con un provvedimento di separazione delle banche commerciali da quelle di rischio investimenti.

In questa azione c’è molto del pensiero di Keynes che, ragionando sulla crisi del '29, introduce delle riforme rivolte a far spendere e circolare il denaro evitando la sua immobilizzazione finalizzata a "grassare" sulla rendita. Per questo alcuni keynesiani insistono sul fatto che dobbiamo liberare il mercato dal capitalismo (un prezioso libretto di Massimo Amato e Luca Fantacci) restituendo alla moneta la sua funzione primaria.

Una regolazione di questo tipo non può trascurare tutte le leve fondamentali (finanziarie, fiscali, regolamentative) che rendono comunque conveniente investire in impresa e in lavoro piuttosto che guardare il proprio denaro lievitare con prodigiosi rendimenti d’ interesse.