Esodati: da decreto a decreto. Intervista a Marinelli (Cisl)

Venerdì, 13 luglio 2012

Da ieri sera il decreto interministeriale del 20 giugno scorso ha avuto l’ok definitivo dalla Corte dei Conti e quindi viaggia verso la Gazzetta Ufficiale per la sua pubblicazione ed entrata in vigore. Da quel giorno i lavoratori interessati avranno 120 giorni di tempo per presentare domanda di pensione e verificare se rientrano nei 65.000 salvaguardati.

Per fare il punto sulla questione abbiamo intervistato Angelo Marinelli, coordinatore del Dipartimento della Cisl Confederale che si occupa (anche) di previdenza. Marinelli, segue le tematiche della previdenza da 14 anni e, recentemente, ha curato assieme a Maurizio Petriccioli e Valeria Picchio, per le Guide e Manuali di Edizioni Lavoro “Le Pensioni Dopo La Riforma Monti-Fornero” con la prefazione di Raffaele Bonanni.

Ora il governo ha aggiunto nel DL sulla revisione della spesa pubblica con l’art. 22 una ulteriore quota di salvaguardati, 55.000. Chi sono nel dettaglio?

Il provvedimento prevede l’allargamento della salvaguardia dall’applicazione dei nuovi requisiti previdenziali anche per i lavoratori destinatari di accordi collettivi relativi alla gestione delle eccedenze occupazionali siglati in sede governativa entro il 31/12/2011, ancorché non ancora cessati dal lavoro o collocati in mobilità alla data del 4/12/201, discriminando però di fatto i lavoratori beneficiari di accordi siglati a livello territoriale.

Vengono migliorate le norme di salvaguardia per i lavoratori beneficiari di accordi di incentivo all’esodo cessati dal lavoro entro il 31/12/2011 e per i soggetti autorizzati al versamento dei contributi volontari prima del 4/12/2011,: gli uni e gli altri potranno continuare ad accedere al pensionamento secondo i requisiti previgenti alla riforma a condizione che il relativo trattamento pensionistico decorra entro 36 mesi dall’entrata in vigore del decreto legge 201/2011 (anziché 24 mesi come già previsto nelle precedenti deroghe), ovvero entro il 6 dicembre 2014. Infine, viene confermata la deroga all’applicazione dei nuovi requisiti per i lavoratori titolari di prestazioni a carico dei fondi di solidarietà di settore sulla base di accordi collettivi stipulati entro il 4/12/2011, anche se collocati nel fondo successivamente a tale data, ferma restando la permanenza nel fondo fino al 62° anno di età.

Le confederazione hanno inviato lo scorso 7 giugno alla Commissione Lavoro della Camera una lettera in cui si fa il “catalogo” delle diverse tipologie di esodati (7 per la precisione). Considerando gli effetti dei due provvedimenti del governo quali sono i risultati e le carenze sotto il profilo della tutela per ognuna delle tipologie?

Il Governo finora si è mosso all’interno delle fattispecie e delle situazioni già salvaguardate dal decreto legge “Salva Italia”. I miglioramenti contenuti nel provvedimento sulla spending review si muovono sostanzialmente nella stessa direzione ma il punto è che si parte dalle cifre e dai vincoli finanziari, anziché dai problemi reali che i soggetti coinvolti si trovano a vivere, con il risultato di produrre ulteriori iniquità, come nel caso della norma che amplia le deroghe per soli i lavoratori beneficiari di accordi di gestione delle eccedenze occupazionali siglati in sede governativa, oppure come nel caso del vincolo che impedisce agli esodati o ai soggetti autorizzati al versamento della contribuzione volontaria una successiva rioccupazione, ancorché saltuaria, per poter godere dell’allungamento del periodo, fino a 36 mesi, entro il quale poter fruire della decorrenza del pensionamento con i vecchi requisiti pensionistici.

Ci sono, inoltre, situazioni che non sono state considerate dalle deroghe, come nel caso di coloro che sono stati licenziati al di fuori di accordi individuali e collettivi e per i quali non è stata prevista alcuna salvaguardia. Infine, resta per noi indispensabile che si faccia chiarezza e venga confermato il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici che avevano maturato 15 anni di contributi entro il 1992 ad accedere alla pensione con i vecchi requisiti.

Molti degli interessati si rivolgono alle sedi sindacali, specie ai patronati, per avere chiarimenti sulla loro situazione. Al momento però nulla è ancora chiaro. Che cosa manca per avere un quadro completo che sia confrontabile con la singola situazione del lavoratore esodato?

Bisognerebbe avere il coraggio di convocare il sindacato e di individuare una soluzione complessiva e strutturale che superi sovrapposizioni e dubbi interpretativi ma finora tutte le soluzioni individuate sono maturate all’interno di una visione unilaterale da parte del Governo, finalizzata esclusivamente agli obiettivi di risparmio previdenziale e al di fuori di un confronto con il sindacato che avrebbe consentito di tenere conto delle ricadute e delle emergenze sociali.

Proprio nei giorni scorsi c’è stata un’ulteriore significativa presa di posizione da parte del nostro Segretario generale: i risparmi previdenziali ottenuti tramite la riforma ammontano a circa 140 miliardi di euro nei prossimi 10 anni, una cifra consistente ottenuta prevalentemente con i sacrifici dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Per questo non è irrealistico pensare di poterne utilizzare una piccola parte per trovare soluzioni più eque ed adeguate ai problemi dei lavoratori “esodati”.

Dopo il provvedimento sui 55 mila cosa si attende il sindacato ancora dal governo in questa materia?

La posizione della Cisl è stata chiara fin dall’inizio: la riforma avrebbe dovuto essere realizzata in modo più graduale e comunque in maniera tale da evitare il verificarsi di situazioni in cui per effetto dell’innalzamento repentino dei requisiti di pensionamento i lavoratori cessati dal lavoro rimanessero senza occupazione e nell’impossibilità di agganciare i nuovi requisiti pensionistici.

Continuare a proporre soluzioni condizionate da un calcolo numerico o da vincoli quantitativi non risolve i problemi aperti, alimentando tra l’altro un clima di incertezza e di panico fra i soggetti interessati che rende ancora più pesante la gestione dell’attuale situazione economica e sociale.

Peraltro, mentre da un lato il Governo utilizza proprio i prepensionamenti e le deroghe per risolvere i problemi di eccedenza del personale nelle pubbliche amministrazioni, dall’altro si mostra rigido ed intransigente di fronte ai casi di gestione collettiva delle eccedenze occupazionali nelle imprese, che visto l’attuale momento, richiederebbero una maggiore gradualità nell’applicazione della riforma.