Industria Turistica. Al via anche in Veneto la mobilitazione di Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs per il mancato rinnovo del Ccnl.
Retribuzioni distanti dal costo della vita e condizioni di lavoro difficili, a fronte di flussi turistici in continua crescita: sono le principali criticità lamentate anche in Veneto da lavoratori e lavoratrici di grandi catene alberghiere, parchi divertimenti del Garda e tour operator.
Per questo, dopo l’interruzione del negoziato con Federturismo (Federazione nazionale dell'industria dei viaggi e del turismo del sistema Confindustria) e Aica (Associazione italiana Confindustria alberghi) per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale del lavoro (Ccnl) dell’Industria turistica scaduto da ormai sei anni, Filcams Cgil, Fisascat Cisl, UILTuCS hanno dichiarato lo stato di agitazione e proclamato una mobilitazione nazionale che coinvolgerà anche la nostra regione. È quanto è stato annunciato nella conferenza stampa congiunta delle tre sigle sindacali che si è svolta ieri a Mestre, nella sede di Cisl Veneto.
«Le proposte di Confindustria al tavolo di trattativa, volte solo a procrastinare la doverosa firma del rinnovo contrattuale, sono inaccettabili» afferma Giovanni Battista COMIATI, segretario generale di Fisascat Cisl Veneto. «La mobilitazione che parte oggi nella nostra regione, unita a quella nazionale, non si concluderà finché non si arriverà a un accordo dignitoso per i tanti lavoratori e lavoratrici che continuano a impegnarsi quotidianamente con professionalità, pur avendo il contratto scaduto».
L’applicazione di questo Ccnl nella nostra regione riguarda più di un centinaio di aziende in cui sono impiegati oltre 10mila lavoratori. Proprio loro incroceranno le braccia per sedici ore: otto di sciopero organizzate nei territori e otto con presidio al Lido di Venezia il 7 settembre 2024. Una mobilitazione ancor più necessaria in Veneto, dove il turismo si conferma anno dopo anno il settore trainante dell’economia regionale, contribuendo più tutti ad accrescere il Pil e a creare occupazione.
Considerando la sottoscrizione del rinnovo di tutti gli altri contratti nazionali del settore e due anni di non facili trattative (con una prima rottura dei negoziati nel novembre scorso e uno sciopero nel dicembre 2023), le categorie nazionali hanno infatti ritenuto non esserci le basi per la prosecuzione di un confronto proficuo, finalizzato a dare risposta primariamente alla questione salariale, definendo il giusto aumento economico, e ad affrontare anche i temi legati alla precarietà, la successione nell’appalto e l’internalizzazione, la violenza e le molestie sui luoghi di lavoro, i congedi per le donne vittime di violenza e la genitorialità.