8 marzo. Cisl Padova Rovigo: “La disoccupazione femminile è un’emergenza”

Lunedì, 07 marzo 2022

“L’occupazione femminile deve essere al centro dell’azione politica nazionale e locale per promuovere una vera parità di genere e per una ripresa più solida del sistema produttivo”.

Francesca Pizzo e Stefania Botton, Segretarie territoriali della Cisl Padova Rovigo, lanciano l’allarme sulla disoccupazione femminile. “Formazione e lotta alla precarietà – sostengono - sono le priorità sulle quali puntare, oltre a un profondo cambiamento culturale che, nonostante gli strumenti disponibili, stenta ancora a decollare. Alla fine del 2021 i disoccupati in Veneto erano circa 396.000, il 57% dei quali donne. La recente Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, istituita dall’Onu per promuovere la piena parità nella carriera scientifica – aggiungono - ha messo in luce quanto ci sia ancora da fare nel campo della formazione, non solo per l’accesso alle materie Stem in sé, quanto per il contrasto a quella disuguaglianza, a volte occulta e strisciante, che frustra le aspirazioni delle donne fin da quando sono bambine”.

Citando l’Istat, Francesca Pizzo e Stefania Botton evidenziano come, nel 2020, le donne laureate tra i 25 e i 34 anni erano oltre 1 milione, pari a circa il 60%, mentre gli uomini si fermavano a quota 746mila (40%), eppure erano gli uomini ad avere un tasso di occupazione superiore, anche se il divario tende a diminuire con l’aumento del livello di istruzione.

“Questo – spiegano le due Segretarie - anche perché il carico della cura dei figli e delle persone anziane pesa soprattutto sulle donne. Gli strumenti per spostare questo peso e riequilibrarlo ci sarebbero, ma vengono poco utilizzati. Il congedo parentale Covid, ad esempio – sottolineano - è stato utilizzato nel 90% dei casi dalle donne. Anche la scelta dell’orario di lavoro penalizza le donne, che secondo i dati di Veneto Lavoro rappresentano il 64% delle assunzioni in part-time. E se questo – concludono Pizzo e Botton - da un lato consente loro di conciliare vita e lavoro, dall’altro è penalizzante per la carriera, oltre ad aumentare ulteriormente, in futuro, il gender gap pensionistico”.

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