La scelta scozzese e le attese del Veneto

Venerdì, 26 settembre 2014

 La maggioranza dei cittadini scozzesi ha scelto di rimanere parte integrante del Regno Unito. L’isola della Gran Bretagna rimane quindi unita, così com’è da più di trecento anni. Una scelta che ha riportato un po’ di fiducia nelle maggiori forze politiche e nei governi di tutta l’Europa che oggi guardano con maggiore serenità alla evoluzione delle altre tensioni separatiste o indipendentiste che ribollono nel vecchio Continente.

Anche per noi, convinti della necessità (non più solo opportunità) che il processo di unificazione dell’Europa debba rapidamente riprendere, l’opzione scozzese è positiva. Sta ora al governo e alla politica del Regno Unito trarne coerenti decisioni politiche e alle forze europeiste, maggioritarie negli organi di rappresentanza e governo dell’Unione Europea, rialzare la testa dopo l’esito, preoccupante in alcuni aspetti, delle recenti elezioni europee.

Il segnale scozzese è arrivato anche nel nostro Veneto dove le pulsioni indipendentiste- autonomiste sono state affidate ad una improbabile raccolta di firme on line (mai controllate da nessuno) e ad alcuni atti formali del Consiglio Regionale del Veneto approvati da una striminzita maggioranza e sovrastati da una pesante cappa di incostituzionalità. Più propaganda che fatti con il rischio di far cadere nel massimalismo inconcludente (e quindi controproducente) alcune motivate e legittime attese che sosteniamo (e non da soli) da almeno venti anni.

La prima, in tutti i sensi, è quella di una più equa ripartizione delle risorse che lo Stato incamera: il Veneto, i suoi contribuenti, danno molto di più di quanto ricevono. Anche considerando una dovuta e doverosa solidarietà verso le aree più povere del Paese, la bilancia rimane pur sempre molto squilibrata. I conti tra il dare e l’avere non tornano. In tempi di crisi questa ridotta disponibilità di risorse pesa, per l’economia e il sistema sociale regionale, molto più di prima. Crediamo anche che non sia un buon affare nemmeno per il resto del Paese: un Veneto che arranca e fatica a riprendersi si trova ad avere, oggettivamente, sempre meno da distribuire anche agli “altri”.

La seconda attesa è quella di praticare tutta l’autonomia possibile, quella cioè che la Costituzione Italiana e le regole dell’Unione Europea ci assegnano. Nel primo caso siamo nel pieno del processo legislativo di riforma del Titolo V della Costituzione. L’iter istituzionale per la sua approvazione, se prosegue senza grandi intoppi, si concluderà entro uno, massimo due anni (se ci sarà il referendum) e le Regioni avranno quindi meglio definiti spazi e prerogative proprie di governo. L’Europa poi ci offre una ampia autonomia nella programmazione e nell’uso di ingenti risorse destinate allo sviluppo economico e sociale.

Su queste due priorità proponiamo una convergenza delle Parti Sociali mentre alle forze politiche che si sfideranno nelle prossime elezioni regionali chiediamo già da ora se e come intendono dare risposte a queste attese.