Aquileia 2012, riprendere il cammino

Venerdì, 14 settembre 2012

I temi e le indicazioni del Convegno Ecclesiale Aquileia 2012, che ha coinvolto le Chiese del Triveneto e le associazioni collettive di ispirazione cristiana come la Cisl, ora che si sono spenti i riflettori sull’evento, non possono essere messi in soffitta.
Le attese come le speranze, ravvivate anche fuori delle comunità religiose, sono state molte; tutte, nel rapido passare di questi mesi, si stanno rivelando sempre più attuali e, a mio parere, invitano a far proseguire la discussione avviata.  
C’è bisogno, in primo luogo, di una maggiore radicalità nella analisi critica dei fattori scatenanti la crisi. Solo in questo modo possiamo infatti trovare le idee per proporre una condotta di vita che sia indirizzata verso un reale cambiamento delle cose.
La crisi che imperversa da un quadriennio deriva da un sistema finanziario per cui il rapporto tra creditore e debitore è una merce che si può vendere e chi la compra è soprattutto interessato a che il debitore sia insolvente: ci può lucrare sopra prosciugando ogni sua risorsa.
Per evitare l’insolvenza le imprese non investono (vedi Fiat), le famiglie evitano di spendere, le banche non fanno credito. Tutti tolgono liquidità all’economia quotidiana ed i consumi crollano. Conseguentemente la crisi si allarga, le imprese chiudono ed i licenziamenti aumentano.
Non per tutti però è così: chi ha scommesso sui rendimenti parassitari della finanza ci guadagna, poche persone a scapito della grande maggioranza.
Aquileia 2012 ha solo in parte considerato questi meccanismi della crisi e ne è prevalsa una proposta alternativa che fa appello all’etica individuale contro l’immoralità delle rendite finanziarie:
non basta. Torna di attualità quella distinzione tra il denaro come proprietà che si accumula e il denaro come moneta che serve allo scambio e la cooperazione tra le persone, concetto a cui si richiama il messaggio di San Francesco d’Assisi.
Questa distinzione può essere un punto di partenza per farci capire che questa crisi, le sue cause economiche come i suoi effetti nefasti sulle persone, non si combatte solo con la carità pietistica e, appunto, la testimonianza individuale.
Serve una risposta etica collettiva, capace di dare valore alle persone e alle comunità. Una risposta che pratichi ed incentivi una sana economia di mercato.
Per valorizzare il lavoro e distribuire la ricchezza, abbiamo bisogno, da una parte, di un’altra finanza, con nuove regole, istituzioni e forme di controllo, dall’altra, di un forte rinnovamento della coesione sociale che vuol dire aggiornare le reti del welfare, della sussidiarietà e della partecipazione collettiva.
Questa risposta alla crisi comporta che non tutto può essere lasciato alle decisioni della rappresentanza politica o delegato alle istituzioni pubbliche relegando le persone al ruolo di spettatori o protagonisti marginali. Al contrario. La radicalità dell’analisi, la nitidezza degli obiettivi, la concretezza delle proposte e la loro praticabilità partecipata sono già da sé fattori alternativi ad una crisi che inquieta e avvilisce per la sua inafferrabilità visto che non porta un nome, non ha sede in luogo fisico, non procede su percorsi individuabili.
Il peggior effetto che questa crisi potrebbe generare è quello di far sentire impotenti noi, come le persone e le comunità. Per questo, a qualche mese da Aquileia 2, dobbiamo farci prendere da una sana insoddisfazione  che ci invogli a fare altri passi in avanti sul cammino intrapreso, nella riflessione come nell’azione.

Franca Porto
Segretario Generale CISL Veneto