Intervista al dott. Beniamino Deidda

Mercoledì, 24 marzo 2010

Attualmente il dott. Beniamino Deidda è Procuratore Generale della Repubblica di Firenze. Si è occupato di amianto nel primo processo che si avuto in Italia e che riguardava le carrozze ferroviarie, circa 10.000 che circolavano per tutto il paese. Nel 1983 fu accertato un primo gruppo di 85 morti a causa dell'amianto tra i lavoratori addetti alla coibentazione e alla scoibentazione delle carrozze. I risultati giudiziari di quel processo, ci dice in premessa, dal punto di vista della perseguibilità dei responsabili, furono però modesti perché gli uffici giudiziari si trovarono impreparati in materia.

Da allora le cose sono cambiate?

Certo che in 25 anni di attività giudiziaria dei passi in avanti. Però è altrettanto vero che gli uffici giudiziari generalmente sono ancora impreparati a gestire questi processi. Le norme di legge ci sono. Ma l'amianto è stato trascurato per molti anni, nonostante la sua pericolosità fosse nota fin dagli anni '60, e solo negli anni ‘80 gli uffici giudiziari hanno cominciato ad attrezzarsi.
C'è da dire che la Corte di Cassazione ha sviluppato, in questi ultimi vent'anni, una elaborazione giurisprudenziale molto attenta, che aiuta oggi i giudici ad orientarsi in una materia che è difficilissima. Comunque grazie agli indirizzi della Cassazione oggi i processi per amianto, se fatti con professionalità, oggi possono arrivare in porto.

Anche i processi per amianto soffrono delle lentezze

Ne soffrono come pochi altri processi, perché oltre al numero dei processi che rallenta la macchina giudiziaria si aggiungono anche le difficoltà specifiche che si hanno in questo tipo di processo. Così, nonostante la legge solleciti di dare la precedenza a questo tipo di cause, la situazione complessiva non è rosea.

Ampliamo il ragionamento sul primo aspetto, la lunghezza dei tempi di tutti i processi. Cosa serve per camminare più rapidamente la giustizia nel nostro Paese: ridurre i reati perseguibili o farne funzionare meglio l'organizzazione?

Se guardiamo all'ambito del penale la giustizia italiana è predisposta per affrontare due milioni e mezzo di processi, ne abbiamo invece cinque milioni, il doppio. Quindi cosa succede se la macchina è in grado di supportare solo la metà dei processi? Succede che l'altra metà deve aspettare, langue. C'è in Italia un ricorso alla sanzione penale che è incomparabile rispetto ad altri paesi. Da noi si va dal giudice penale per reati bagatellari, per piccole cose, che però intasano la macchina.
E' il caso, ad esempio, delle norme repressive verso l'immigrazione clandestina?

Questo è una riprova di intasamento della macchina da parte del legislatore. Quando si crea un reato assolutamente inutile e forse anche anticostituzionale, come quello di clandestinità, si intasa infatti ancor più la macchina della giustizia perché si producono automaticamente decine di migliaia di processi ogni anno. E' un caso, questo, che dimostra quanto sia dissennato il ricorso al penale.

Il cosiddetto "processo breve", se entrasse in vigore, riguarderebbe anche i processi per amianto?

Il "processo breve", se passa, purtroppo toccherà tutti i processi: dalla strage di Viareggio che ha prodotto 32 morti, ai processi per amianto fino a quelli per gli infortuni mortali sul lavoro.

Amianto