RSU lavoro pubblico, risorse per il Veneto che deve cambiare

Giovedì, 03 maggio 2018

Dal 17 al 19 aprile oltre centomila lavoratori pubblici occupati nella Amministrazione Pubblica, nel sistema regionale del Welfare e della Ricerca si sono recati alle urne distribuite in oltre 1.300 collegi/luoghi di lavoro per rinnovare le loro rappresentanze sindacali.

Lavoratori, soprattutto lavoratrici, con diversi livelli professionali, in prevalenza laureati che hanno potuto scegliere tra un ampio spettro di liste: dalle tre di riferimento confederale (presenti ovunque) a quelle dei sindacati autonomi di vario tipo.

Il 70% ha indicato nella confederalità il suo riferimento fiduciario.

La Cisl, con le sue federazioni di settore, ha conquistato il posto di primo sindacato per voti e/o per delegati eletti in moltissime realtà lavorative: Ulss, amministrazioni locali, enti e uffici periferici dello Stato, istituti scolastici e della ricerca, case di riposo e altre ancora.

Si è così confermata, a livello regionale, primo sindacato del settore per rappresentatività (indice prodotto da due fattori: consenso elettorale e numero di iscritti). Così come è anche nel lavoro privato.

Nulla di regalato, nulla di scontato. Anzi.

Ancorata alla massima autonomia di pensiero, alla contrattazione come metodo d’azione e al vincolo/opportunità della tutela solidaristica, la Cisl deve fare tutti i giorni i conti con prassi sindacali più marcatamente ideologico - politiche, con spinte corporative o puramente protestatarie che, non mancando nella società, emergono con più o meno forza anche nel mondo del lavoro.

Un mondo del lavoro, quello pubblico, sul quale vengono scaricati, con ingenerose generalizzazioni, problemi e contraddizioni di fondo che la politica non ha saputo finora risolvere come l’efficienza della macchina pubblica e l’efficacia delle sue azioni.

Questioni complesse ma risolvibili. Dove infatti si è trovata la giusta sintonia ed armonia tra decisioni politiche, direzione gestionale, coinvolgimento dei lavoratori, strutture e strumentazioni operative adeguate, si sono fatti miracoli: nella qualità dei servizi erogati e nella soddisfazione dei soggetti coinvolti (amministratori, lavoratori, utenti). Il Veneto è pieno di questi buoni esempi.

Stiamo parlando dello stesso Veneto dove non si chiede meno lavoro pubblico e meno amministrazione pubblica.

Il percorso costituzionale per ottenere una maggiore autonomia, andando a concretizzarsi - comporterà il passaggio di funzioni di governo da Roma al livello regionale e quindi la costituzione di confacenti strutture operative. Produrrà anche grandi occasioni per riorganizzare, riformare “su misura” uffici e amministrazioni. Richiederà dunque ulteriore occupazione nel settore (dove spesso si è già ora sotto organico).

Affinché questa “ristrutturazione” dia i frutti attesi serve certamente una forte competenza e volontà della politica ma anche una altrettanto forte partecipazione dei lavoratori.

Anche in questo caso non usiamo una frase fatta: ad oggi, su alcune grandi scadenze pubbliche, è stata necessaria la determinazione dei lavoratori pubblici e delle loro rappresentanze con il loro senso di responsabilità sociale per superare l’impasse, se non l’inconcludenza, della politica.

Ecco perché dobbiamo essere molto soddisfatti del pieno di consensi che abbiamo ricevuto: è il carburante che ci serve per alimentare la nostra funzione di agenti del cambiamento.

Un cambiamento che dobbiamo non solo indirizzare ma anche promuovere, con sempre maggiore determinazione.