Il Veneto ed il credito. La posizione della Cisl

Venerdì, 28 ottobre 2016

Il presidente Zaia nei giorni scorsi ci ha chiesto di prendere posizione sul tema dell’assetto degli istituti di credito in Veneto ed in particolare sulla possibile fusione tra Popolare di Vicenza e Veneto Banca, i due colossi made in Veneto sulla soglia del collasso. Zaia pone anche il tema della banca territoriale intesa come istituto di credito legato strettamente all’economia regionale e quindi sensibile alle sue esigenze.

Credo che le questioni vadano affrontate, senza dimenticare il loro intreccio, una per volta partendo da una considerazione: le banche sono aziende e, nel caso delle due popolari venete, in gravissima crisi. I loro magazzini merci sono strapieni di prodotti deteriorati, che il mercato normale non intende comprare e, peggio ancora, già venduti a clienti (persone e altre aziende) che li hanno pagati cari fino ad indebitarsi con le stesse banche. Un sistema che, se fa una mossa sbagliata, rischia di produrre danni economici e sociali pari ad un anno della Grande Crisi.

Ciò premesso possiamo affermare che qualsiasi soluzione deve passare prima per il risanamento delle due banche e quindi con la gestione del credito deteriorato. Mettere il carro davanti ai buoi è molto pericoloso. Fondendo due buchi si produce un cratere: si sommano infatti i debiti senza ottenere però gli stessi ricavi. Se la banca è una sola, ad esempio, i grandi risparmiatori (nella logica della differenziazione degli investimenti) ridurranno i loro impegni mentre la banca unificata andrà a ridurre il credito a chi aveva un fido in ognuna delle due precedenti.

A giudizio dei nostri sindacati di settore, che da anni gestiscono responsabilmente la riorganizzazione del sistema del credito nazionale e locale, la fusione, adesso, potrebbe essere un suicidio, la mossa sbagliata di cui dicevo prima.

Certamente il presidente Zaia ha ragione nel dire che non possiamo stare a guardare e le Parti Sociali, sindacato compreso, hanno chiesto la costituzione di un tavolo sulla questione che, peraltro, ha già prodotto alcune utili ipotesi di lavoro come quella di far intervenire Veneto Sviluppo a sostegno delle aziende sane che rischiano di essere distrutte dalla crisi delle Popolari.

Ciò su cui dobbiamo impegnarci è il risanamento dei due istituti che non può passare dal licenziamento di 1.500 dipendenti, come pretenderebbe il presidente Mion, per la sola Popolare di Vicenza: tale operazione, che impedirebbe definitivamente qualunque prospettiva di dialogo con i sindacati di categoria, sarebbe del tutto inutile. Produrrebbe infatti un risparmio di circa 100 milioni di euro annui a fronte di una situazione economica che si attesta, da più di un esercizio, su perdite superiori al miliardo. È evidente che i problemi dell'azienda risiedono altrove, così come quelli di Veneto Banca, la cui dirigenza, però, ci risulta essere orientata a progettare scelte più responsabili.    Il vero nodo da sciogliere, per poter trovare finanziatori, acquirenti o, in ultima ipotesi, prendere in considerazione una fusione tra le due banche, evitando di bruciare gli aumenti di capitale sociale, come abbiamo visto fare negli ultimi anni  anche in altri importanti istituti in crisi, è, come dicevo, quello del credito deteriorato, dal quale gli attivi delle banche devono essere alleggeriti, ma che, se affidato alla gestione di investitori pazienti, può rivelarsi nel medio periodo un buon affare per gli investitori stessi e un'opportunità per far ripartire il territorio dalla crisi che lo ha colpito. Su questo argomento il territorio, inteso nella sua complessità (imprenditori, istituzioni, gli investitori locali, i dipendenti stessi che potrebbero essere una chance e non un peso) può giocare un ruolo importante e quindi gettare le premesse per affrontare, con tutte le carte in regola, il tema della banca del Veneto.

La banca del Veneto può tornare ad essere, quindi, un obiettivo utile e percorribile  se poggia su una situazione risanata sotto il profilo economico e finanziario, ma anche sotto quello del credito inteso come fiducia che, abbiamo drammaticamente scoperto, il bene primario di ogni intrapresa.

In entrambi i casi serve tempo, autorevolezza e grande responsabilità. Serve anche interloquire con il governo nazionale e i suoi bracci finanziari per ricercare soluzioni condivise e non giocare allo scarica barile. E’ il metodo di lavoro che abbiamo adottato nel progetto #Arsenale 2022 dove il tema del credito occupa uno dei 7 tavoli di lavoro che ci siamo dati e che presto produrranno le prime proposte.