Ripartire dal 4 agosto

Venerdì, 09 settembre 2011

Con lo sciopero del 6 settembre la distanza tra sindacati ha raggiunto il suo apice.
Sembra lontanissimo quel giorno di fine giugno, quando Bonanni, Angeletti e Camusso firmavano insieme un accordo (quello sulla rappresentanza) dopo anni di divisioni e polemiche e finalmente la Cgil tornava a dare prova di lungimiranza. Oggi sembra tutto più difficile, tutto di nuovo in salita. Sembra che quel prezioso lavoro, affossato purtroppo dall'intempestiva e solitaria proclamazione di sciopero da parte della Cgil, sia improvvisamente evaporato insieme all'altro momento di forte coesione e di capacità di incidere nelle scelte del governo come fu la elaborazione, il 4 agosto, delle Proposte delle Parti Sociali.
Il contesto però è cambiato: la crisi continua a mordere, Borsa e spread hanno dimostrato la debolezza della nostra credibilità internazionale, le agenzie di rating hanno spostato l'attenzione sui nostri conti e sulle nostre stime di crescita.
In questa drammatica situazione gli italiani non sono stati sordi; hanno ascoltato con pazienza le notizie e inteso le ragioni dei mercati, hanno compreso la straordinarietà del momento senza cadere in pericolose tentazioni populiste o in antiquate pulsioni ideologiche; si sono dimostrati maturi e responsabili, pronti a fare i dovuti sacrifici, pretendendo però equità. Ma oggi, forse per la prima volta, questo popolo, che pure continua a guardare con speranza al suo Presidente della Repubblica, non trovando una autorità credibile a cui fare affidamento dei propri sacrifici, ha la sensazione di essere solo.
Inevitabilmente ciò ha prodotto un senso di frustrazione, rafforzato dalla sensazione che si continui a perdere tempo, che si siano bruciati miliardi in continui ripensamenti. E tutto ciò in uno stucchevole gioco di mosse e contromosse tra maggioranza e opposizione, tra lobby e consorterie, tipico di fazioni piuttosto che di attori consapevoli della realtà.
La nostra considerazione è che manca la Politica, quella con la P maiuscola, perché oramai è chiaro che non si tratta solo di saldi contabili o di tasse, di pensioni o di imposte sul valore aggiunto. Aggiungiamo che se l'intero sistema politico non ritrova una nuova coesione non potremo avere che ulteriori e peggiori problemi.
I ripetuti appelli del Presidente Napolitano impongono una discontinuità nell'atteggiamento di tutti, per evitare che la già fragile coesione sociale, messa duramente alla prova dalla crisi economica e da un ventennio di risse e delegittimazioni continue, rischi di deflagrare definitivamente.
La mediocrità del dibattito impedisce anche di reagire ai richiami internazionali: ben più di una pessima prova di rispetto per le istituzioni nell'anno del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia.
Ma c'è un punto sul quale diventa possibile riannodare il filo del confronto ed è quello legato alla comprensione del come è stato possibile arrivare a tanto; del perché, utilizzando ancora una volta le parole di Napolitano, "si è ritardato ed esitato ad affrontare più risolutamente, con coerenza e continuità, il vincolo, che doveva essere allentato e sciolto, del pesante debito pubblico accumulato in precedenza".
Ognuno deve fare la sua parte oppure a dimettersi se non ne ha le forze, Presidente del Consiglio compreso. Le Parti Sociali, tutte, devono ripartire dai comuni propositi del 28 giugno e dal 4 agosto, riaffermando la via del lavoro per salvare il Paese e chi rappresentano. In blocco dobbiamo poi pretendere che, con un accordo, il governo ed il Parlamento facciano proprie queste istanze e richieste. E dobbiamo farlo nei prossimi giorni.

Franca Porto, Segretaria Cisl Veneto

Franca Porto