Primo Maggio di responsabilità in Veneto

Mercoledì, 01 maggio 2013

Il Primo Maggio è la giornata della festa del lavoro in Veneto, in tutta Italia e anche in moltissimi altri Paesi del mondo. Non sempre però, e non ovunque, questa festa è, come il termine richiama, contrassegnata dalla gioia.

Non è così, ad esempio, per le famiglie di quelle centinaia di operai tessili, in gran parte donne, morti sotto le macerie di un edificio-stabilimento crollato qualche giorno fa in Bangladesh, la fabbrica tessile del mondo. Una strage annunciata che segue, a distanza di pochi mesi, quella che ha visto bruciare vivi, sempre in questo Paese, nel rogo della loro fabbrica, altri 112 lavoratori tessili.

Queste tragedie ci ricordano, dolorosamente, che festeggiare il lavoro in molte parti del mondo è ancora unalontana speranza eche la globalizzazione è, sì un potente fattore di crescita per una parte sempre maggiore della popolazione mondiale, ma i suoi costi sono spesso inaccettabili per gli inumani sacrifici che comporta.

Nel Veneto questi drammi arrivano attutiti dalla “lontananza” che abbiamo con questa e altre nazioni (la distanza geografica in questo caso non c’entra). Non così è per la numerosa comunità degli immigrati bengalesi: molti di loro stanno vivendo gli stessi sentimenti di angoscia e di preoccupazione che hanno provato i nostri padri e madri quando, da paesi altrettanto “lontani”, arrivavano le notizie delle tragedie sul lavoro che avevano colpito i nostri emigranti.

In Veneto il Primo Maggio prossimo non potrà essere, comunque e per nessuno, una vera giornata di festa. Pesano le vite bruciate dalla crisi: le decine e decine di suicidi che stanno segnando questi lunghi anni di crisi. Pesano i quasi centomila posti di lavoro sepolti sotto le macerie di decine di aziende crollate e che hanno trasformato decine di migliaia di lavoratori in disoccupati con poche speranze di ritrovare occupazione.

Se tutto ciò non si è trasformato in un crollo dell’edificio sociale nel quale vivono le nostre comunità lo si deve unicamente a quell’insieme di tutele sociali costruite negli anni dalle conquiste sindacali. Sono queste le gabbie in ferro che, assieme al cemento della coesione sociale, ne hanno impedito il collasso. Nella nostra regione poi, il dialogo tra sindacati e imprese ha rafforzato questa costruzione con una contrattazione che ha generato welfare sussidiario aziendale e territoriale diffuso, gestito con la corresponsabilità delle parti (la bilateralità). La concertazione con la Regione ha poi permesso di gestire con oculatezza le risorse per gli ammortizzatori in deroga incentivandone l’utilizzo legato alla ricollocazione al lavoro.

Sappiamo che tutto ciò non basta a cancellare gli effetti nefasti della crisi sul lavoro, che la vera cura è ritrovare il lavoro (per il Veneto significa rimettere nel mercato almeno centomila posti di lavoro in più) e che ce la si può fare solo rimettendo in moto sviluppo e crescita. Obiettivi che però non sono alternativi- tutt’altro!- con il rafforzamento del welfare sul lavoro per il quale non basta una buona e corretta applicazione delle recenti norme di riforma ma nella prosecuzione della edificazione delle “mura locali”.

Nel nostro recente congresso abbiamo avanzato nel merito proposte concrete che coinvolgono tutte le imprese venete e che fanno risaltare il ruolo delle rappresentanze sociali. Riteniamo che possano essere, assieme a quelle delle altre organizzazioni, una utile base di confronto sul da farsi nei prossimi mesi. Non possiamo certamente limitarci alle sole, pur fondamentali, questioni nazionali come il rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga e gli incentivi per l’occupazione. Questioni che ora possiamo, finalmente, affrontare con un governo sulla cui capacità di operare confidiamo.

Ci sono responsabilità e prerogativa che spettano unicamente a noi, in Veneto, esercitare. Anche per dare segnali di positiva concretezza nelle nostre piazze del Primo Maggio.