I colori del lavoro, il colore della cittadinanza

Lunedì, 05 ottobre 2009

Sabato prossimo, 10 ottobre, una rappresentanza del Veneto multiculturale e multietnico composta da oltre 600 lavoratori, compresi quelli della Polizia di Stato, dei Vigili del Fuoco e degli istituti di detenzione, e pensionati parteciperà a Roma alla manifestazione "Non c'è integrazione senza diritti, doveri, lavoro dignitoso e sicurezza" indetta dalla Cisl (il sindacato italiano con il maggior numero di iscritti immigrati), dal Siulp (il maggiore dei sindacati di polizia) e dalla associazione Oltre le Frontiere.
E' la nostra risposta a questi mesi di caos totale nelle politiche verso gli immigrati. Persone che la legge mette alla stregua di chi commette reati penali quando sprovviste di un documento (permesso di soggiorno), e solo per questo additate come pericolose all'opinione pubblica ma redimibili al modico prezzo di 500 euro a testa (la sanatoria).
Una politica sull'immigrazione che ipoteca la convivenza delle future generazioni, specie in una regione come il Veneto che è destinata, al pari delle altre grandi aree sviluppate d'Europa, a diventare sempre più terra multietnica e multiculturale.
Nella nostra regione anche il più doc dei prodotti, anche la più tradizionale delle attività, il più dialettale dei mestieri porta oggi i tanti colori che compongono il suo grande sistema produttivo e lavorativo.
I 250mila ed oltre lavoratori immigrati da oltre 160 diversi paesi del mondo sono infatti parte integrante, inscindibile ed indispensabile nelle filieri agroalimentari, comprese quelle dell'eccellenza, nel sistema moda, nelle produzioni del lusso, nella straordinaria organizzazione dell'accoglienza turistica, nel sistema collettivo e famigliare dell'assistenza e della cura delle persone. E nel futuro?
Il Consiglio Regionale ha presentato qualche mese fa uno studio demografico sul prossimo futuro del Veneto: tra qualche decennio, quando i nostri ragazzi saranno adulti partecipanti appieno alla vita sociale ed economica vivranno le ore del lavoro in uffici, fabbriche, cantieri dove quasi un terzo dei colleghi sarà immigrato lui o di immediata discendenza.
Se questo scenario ci è chiaro si capisce subito il perché della attenzione del sindacato verso gli immigrati. La funzione del sindacato è infatti quella di unire il mondo del lavoro, rappresentarne gli interessi e non solo quelli salariali, tutelarne e promuoverne la dignità.
Per la Cisl, che pone al centro della sua azione la persona, questo significa badare anche ai diritti sociali e civili del singolo lavoratore e della sua famiglia, senza distinzione di colori, siano essi quelli della lingua o della parlata, del passaporto o del credo.
Ed è anche grazie a questo sindacato se le scosse della crisi non sono sfociate in contrapposizioni etniche tra i lavoratori.
A questi colori del lavoro veneto, e non solo, la Cisl si propone come sindacato che unisce, anche nel più difficile dei problemi, quello della sicurezza dove imperversano demagogia e populismo: a Piazza Navona con gli immigrati ci saranno anche i lavoratori della sicurezza.
Abbiamo sempre detto che il diritto alla sicurezza é per tutti e che è assicurato quanto, tra chi vi opera, vi sono dedizione e motivazione, professionalità, strumenti adeguati, sistemi efficienti, prevenzione e rapidità di intervento. Servono dunque risorse cioè soldi per il personale e per i mezzi come pure scelte politiche più concludenti (ad esempio di un reale coordinamento delle forze di polizia).
I tagli, pesanti, operati dal governo in questo comparto vanno però in senso contrario. Così come l'esaltazione del rondismo, il caos normativo e burocratico che, con un crescendo progressivo domina sul tema dell'immigrazione a scapito di concrete politiche per l'integrazione.
I tanti colori del nostro lavoro possono trovare unità se, oltre i diritti sociali, ai lavoratori stranieri e ai loro figli si offrono anche reali opportunità di integrarsi a pieno nei diritti e nei doveri del nostro Paese e dell'Europa unita. Una di queste possibilità è data dalla cittadinanza, le cui regole, ancora legate al ius sanguinis, vanno aggiornate ed adeguate ai cambiamenti sociali in atto. Non è immaginabile un paese democratico, una regione coesa, una comunità locale solidale dove una parte sempre più consistente della popolazione è aliena ai diritti e ai doveri della cittadinanza. A cominciare dai bambini nati in questo nostro Paese.

immigrati, Franca Porto