Roverato (UniPD): nel Veneto l'industria è storia

Giovedì, 16 settembre 2010
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In occasione della quinta giornata del corso di formazione Nuove rotte per il Veneto, organizzato dalla Cisl del Veneto, abbiamo intervistato il prof. Giorgio Roverato, che insegna, presso l'Università di Padova, Storia Economica nella Facoltà di Scienze Politiche e Storia Economica e dell'Impresa nella Facoltà di Economia.
Il prof Roverato è autore di molte pubblicazione che riguardano la storia dell'industria veneta ed in particolar modo delle sue origini. E' stato anche amministratore del Comune di Selvazzano Dentro.

Lei sostiene che l'industrializzazione del Veneto non è un fatto recente

Il Veneto non si industrializza negli ultimi decenni come si è sostenuto all'epoca del mito nordest. E' invece una terra di antica industrializzazione. Quando comincia l'industrializzazione europea (continentale europea) all'inizio dell'800, in quell'area del nord che si colloca tra Francia, Germania e Paesi Bassi questo processo riguarda anche l'Alto Vicentino dove nascono le prime fabbriche laniere fino a diventare un conglomerato abbastanza importante; tanto è vero che lì nascono le grandi imprese come il Lanificio Rossi, come la Marzotto e poi piccoli produttori molto specializzati. Poi nel corso della seconda metà dell'800 si sviluppa anche la piccola impresa.

E dopo l'unità d'Italia

Dopo l'unità d'Italia comincia a svilupparsi la piccola impresa nella pianura veneta e da lì abbiamo una serie di evoluzioni per arrivare, tanto per dire una cosa non da niente, a Porto Marghera, un'area industriale che sarà di estrema importanza nella modernizzazione del Veneto.

Questa piccola azienda della pianura veneta è caratterizzata da quale tipo di attività ?
Ci sono le attività più varie, ovviamente il tessile, poi la meccanica, specie al servizio dell'agricoltura ma che si trasformano presto in altre cose. Intorno al ‘900 abbiamo poi l'esplosione di altre produzioni, come ad esempio i mobilifici nella zona di Treviso, di Padova e di Verona. Sono attività industriali molto interessanti, molto importanti. Quindi in sostanza è sbagliato dire che il Veneto arretrato diventa moderno solo negli ultimi decenni del ‘900, perché ha elementi di modernità anche prima.

Cosa significa questa presenza storica dell'industria rispetto alle questioni di oggi. Ha un risvolto concreto oltre che a quello di rappresentare una corretta analisi storica della nostra regione?

Ha un significato concreto nel momento in cui, sulla base di questa antico retroterra, l'imprenditore veneto è probabilmente più attrezzato di altri a cogliere i mutamenti, a saper come si resiste alla crisi. Si resiste attraverso l'innovazione, i salti in avanti. In un terreno intessuto di cultura come quello veneto questo risulta più facile che in altre regioni. Tanto è vero che in tutte le crisi all'inizio il Veneto è tra le aree del Paese che ne sono più penalizzate, forse perché sente di più la crisi. Ma nel momento della ripresa è quella che sa riprendersi meglio. Questo è avvenuto in tutte le crisi e stiamo vedendo che qualcosa di simile sta avvenendo anche in questa. Certo con costi sociali che sono più gravi di quelli che sono stati in altre passate crisi insomma. Ma perché è cambiata la situazione mondiale.

Lei parla di una industrializzazione del Veneto che è contemporanea a quella di paesi come la Francia, la Germania, l'Olanda. Il Veneto che quindi è parte integrata della nascita dell'industria nell'Europa continentale. Questo stretto collegamento è tutt'oggi importante oppure la nostra industria potrebbe camminare fuori dal contesto europeo? E' possibile, per semplificare, una specie di autarchia industriale del Veneto.

No, l'autarchia non esiste, non è mai esistita e non coesiste

Anche sotto il profilo della costruzione dell'impresa, dell'idea di impresa ?
L'imprenditore veneto è essenzialmente un individualista, questo è vero. Però è altrettanto vero che nel lungo percorso storico della nostra industrializzazione abbiamo avuto moltissimi contatti con l'estero. Pensiamo quindi alla Serenissima che era aperta all'esterno. Vi è poi una continua osmosi di conoscenze, ad esempio il distretto orafo di Vicenza non avrebbe l'importanza che ha, e non da oggi , senza collegamenti verso l'esterno. Collegamenti che non riguardano solo il vendere i propri prodotti nei mercati stranieri ma anche le opportunità di imparare tecniche ed i metodi di lavorazione che noi non avevamo. E a nostra volta sfruttare, cioè mostrare agli altri cosa facciamo e come facciamo. Nell'economia industriale non vi è nessun tipo di isolamento

Ci sono altri esempi in cui l'industria veneta, l'imprenditoria veneta di un settore, di un territorio si sviluppa proprio perché ha questa capacità di avere contatti e di non chiudersi?
L'industria meccanica ad esempio. Noi abbiamo un'industria meccanica a volte molto sofisticata ed è così sofisticata proprio perché è in continuo collegamento con l'innovazione che avviene negli altri paesi. Questo non significa copiarli.

Da storico dell'industria: cosa ha significato per l'industria veneta il periodo autarchico voluto dal fascismo?

Il periodo autarchico, l'autarchia, ha riguardato, all'epoca, tutti i Paesi e significava sicuramente sostituire le importazioni con prodotti fatti in casa nostra. Eravamo in un mondo in cui i traffici erano limitati, mancava la valuta ecc.. Per cui si cercava di fare in casa ciò che non era essenziale comprare. Noi abbiamo avuto lo sviluppo, per esempio, dell'industria delle fibre sintetiche a partire da quelle esperienze nelle fibre artificiali che si fecero in quel periodo.

E' immaginabile un Veneto che si regge su una propria agricoltura, che produce in casa propria le cose, che esporta ma non importa? E non solo i prodotti ma anche le idee, gli uomini le tecnologie, le informazioni che riguardano la produzione.
No, ormai siamo in un mondo globale, non è più come prima. Ma neanche prima era così in effetti. Io penso che la globalizzazione, come la conosciamo adesso in realtà, abbia avuto in realtà fasi precedenti con lo stesso coinvolgimento verso l'esterno. Cioè nell'economia moderna, l'economia industriale non è mai qualcosa che si chiude in sé stessa, non può farlo.

Quanta importanza ha conoscere la storia dell'economia per ragionare meglio sul futuro. E' conosciuta questa storia come si dovrebbe?

Questa storia è poco conosciuta. Lo dimostra l'idea, che ad esempio Stella descrive nel suo Schei, che la nostra regione si sia industrializzata solo negli ultimi due decenni. Non è vero.
Negli ultimi vent'anni abbiamo avuto piuttosto una forte diffusione quantitativa di attività manifatturiere, abbiamo avuto molte specializzazioni che hanno proiettato la nostra industria, che era sostanzialmente legata soprattutto all'Italia e al mercato tedesco (che è sempre stato un mercato importante per noi), su frontiere molto più vaste. In sostanza oggi le nostre imprese, anche le piccole imprese, sono in grado di andare in India, di andare in Cina di andare un po' dappertutto. In sostanza si è assunto capacità di lavorare con l'esterno. Questo è stato il cambiamento.

Venezia, 15 settembre 2010

formazione Cisl