Veneto. Un Primo Maggio 2016 per il buon lavoro

Sabato, 30 aprile 2016

Il Primo Maggio 2016 porta con sé, in Veneto, segnali di ripresa dell’occupazione. A cominciare da quella dipendente. Per la prima volta dall’inizio della crisi il saldo tra assunzioni e cessazioni è positivo per quasi 37 mila posti di lavoro. Certamente ne mancano ancora molti, almeno altri 80mila, per ritornare alla quantità di lavoro dipendente che avevamo prima della crisi. Ma la risalita c’è e anche consistente. Non riconoscerla è rifiutare di riconoscere un fatto evidente. Lo fa chi deve per forza polemizzare con il governo a tutti i costi anche negando gli effetti dei provvedimenti sul lavoro, a partire dalla Legge di Stabilità 2015 e alcune misure del Jobs Act. Sappiamo oltretutto che sono buoni posti, a tempo indeterminato. I primi mesi del 2016 confermano i posti in più, il calo drastico delle crisi aziendali, del ricorso alla Cassa Integrazione e dei licenziamenti collettivi.

L’Istat ha poi aggiunto che anche l’occupazione autonoma è tornata a crescere. Non ci sono numeri precisi per il Veneto anche se riteniamo che il segnale positivo arrivi, dopo tanti “meno” anche dalla nostra regione.

Le speranze non sono quindi basate su un ottimismo infondato: il buon lavoro corre, specie in Veneto, su questi due binari: dipendente ed autonomo.

Oltretutto sono numerose le famiglie dove convivono operai ed artigiani, dipendenti pubblici e commercianti, impiegati e coltivatori diretti.

C’è però un terzo binario che manda segnali di crescita ben più consistenti e non sono segnali positivo. E’ il binario del lavoro nero, sottopagato, irregolare. Una realtà endemica e che nessuno ha mai immaginato di poterla estirpare totalmente, nemmeno nei regimi totalitari. Ci sono però dei limiti oltre i quali il “nero” diventa pericoloso per i danni che arreca alla società e alle persone. In Veneto si sta superando questa soglia. Ci riferiamo all’abbuffata di voucher (oltre 15 milioni lo scorso anno, con previsione per il 2016 di 20 milioni) che assegna alla nostra regione il primato nazionale tra i consumatori di buoni lavoro in proporzione alla quantità di lavoro dipendente.

La liberalizzazione dei voucher ha, come testimonia l’indagine che abbiamo svolto nei mesi scorsi, avuto due effetti. Il primo è quello di offrire al lavoro nero una sorta di assicurazione nei confronti dei controlli e delle conseguenze penali in caso di infortunio. Basta he il lavoratore abbia in tasca un solo voucher del valore di 10 euro e non legge che tenga: un voucher al giorno toglie l’ispettore di torno. Il secondo è, se possibile, peggiore del primo: si frammenta il lavoro continuativo per renderlo gestibile con la formula dell’accessorio.

Lo sforzo comune per tutelare il buon lavoro – dalle politiche governative per il lavoro all’azione contrattuale sviluppatasi in Veneto per ridurre al minimo i danni occupazionali prodotti dalla crisi- corre il rischio di essere in parte vanificato dall’abuso dei buoni-lavoro e dallo stravolgimento delle finalità per cui nel 2008 vennero attivati, soprattutto in Veneto, in occasione della vendemmia per regolarizzare il lavoro degli studenti e dei pensionati. Il prosecco e l’amarone di quell’annata portano il marchio dei buoni lavoro doc. Non è così oggi, dove i buoni lavoro sono il veicolo privilegiato del cattivo lavoro. Ecco perché è urgente un forte intervento legislativo che tolga di mezzo questo terzo binario che si è messo di traverso e rischia di far deragliare il treno.