Veneto. Lavoro: le certezze del 2017 e le incognite del 2018

Mercoledì, 27 dicembre 2017

Se vogliamo dare un nome al 2017 possiamo definirlo come “anno della ripresa”.
Per il Veneto questa nomina è suffragata da numeri chiari e consistenti: sul PIL, sulla produzione, sull’export, sui consumi e anche sull’occupazione.
Negare questo fatto non giova a nessuno, sempreché l’obiettivo non sia quello di alimentare artificiosamente la polemica politica in vista delle prossime elezioni.
Senza voler entrare nel merito dei dati economici ci soffermiamo però, da buoni sindacalisti, su quelli dell’occupazione.
Se escludiamo i comparti del tessile-abbigliamento e del credito, tutti gli altri settori del lavoro hanno consolidato e rafforzato il saldo positivo tra assunti e cessati. La variegata e complessa macchina del mercato del lavoro veneto (che, ricordiamo, sconfina fino alla Romania) si è rimessa in moto già da fine 2014, adattandosi alle necessità e alle occasioni dei mercati interni ed esteri, assorbendo migliaia di disoccupati e rimettendo al lavoro centinaia di cassaintegrati.
Ha anche fatto i conti con i cambiamenti legislativi sui rapporti di lavoro e le incentivazioni offerte dai governi nazionali. Dal dopaggio dei voucher alla loro repentina scomparsa, passando per la definitiva estinzione delle collaborazioni e gli incentivi per i nuovi tempi indeterminati.
I risultati sono sbalorditivi (nel senso letterale del termine) e non così è facile comprendere e accettare il fatto che abbiamo recuperato tutti i posti di lavoro persi in 7 anni di recessione, anzi ne abbiamo in più rispetto al 2008. Molti tempi determinati hanno sostituito i voucher e le collaborazioni: un cambiamento vantaggioso per i lavoratori. La loro crescita (considerata come fatto negativo) è anche effetto sia della scelta delle aziende di intercettare ogni occasionalità offerta dal mercato aggiungendo personale temporaneo che dei reiterati tentativi della PA di scavalcare il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego.
Su queste premesse, la ripresa c’è, il calendario ci porta rapidamente al 2018, dove ci aspettano alcune incognite.
La prima riguarda l’impatto che avranno gli incentivi (consistenti) per l’assunzione a tempo indeterminato dei giovani: quanti e quali contratti a termine saranno trasformati in tempo indeterminato ma anche quante e quali assunzioni ex novo. Le potenzialità in Veneto ci sono e sta anche al sindacato negoziare con le aziende ulteriori occasioni per favorire l’inclusione dei giovani, a partire dalle staffette generazionali (arriverà prima o poi l’APE volontaria!).
La seconda è collegata alle elezioni politiche di primavera, al quadro parlamentare e istituzionale che ne uscirà, e di conseguenza sulla stabilità che necessita per crescere e sulle scelte per il lavoro che il prossimo governo perseguirà.
Al momento possiamo solo constatare che la mancata riforma costituzionale e il nuovo sistema elettorale favoriscono l’instabilità e la scarsa governabilità e anche osservare che i propositi sul tema lavoro sono profondamente contrastanti tra i partiti che appartengono allo stesso schieramento se non nei programmi della stessa formazione. Alcuni, purtroppo, guardano indietro, prevedendo di cancellare parti consistenti dell’impianto del Jobs Act mentre altri propongono formule miracolose.
Di certo il Veneto non potrà starsene fuori, illudendosi che arrivi presto una autonomia che lo vaccini dalle vicende nazionali.
Siamo e restiamo, strettamente, connessi.