Veneto: le IPAB, cruna dell’autonomia

Mercoledì, 07 febbraio 2018

Maggiore autonomia? Ma come possiamo sostenerla se la Regione non riesce a praticare fino in fondo quella di cui già dispone? La domanda è, volutamente, polemica ma non capziosa. Stiamo parlando della incapacità di Palazzo Ferro Fini e di Palazzo Balbi di approvare una legge attesa da 17 anni e arrivata alla sua dodicesima stesura: quella di riforma degli IPAB. 
IPAB, una sigla, un acronimo che detto così ha solo un vago sapore di linguaggio burocratico ma che se mettiamo per esteso ci dà subito l’idea di cosa significhi. Gli Istituti Pubblici di Assistenza e Beneficienza, non sono altro che il patrimonio di attività sociali e immobili in gran parte frutto delle donazioni di benefattori privati di veneti, ricchi e meno ricchi. 
Un lascito enorme che ancora oggi offre risposte concrete ad esempio a15mila anziani quanto prende la forma di casa di riposo, ma anche a minori, disabili e poveri. 
Ecco, questo patrimonio dovrebbe essere regolato da una legge regionale che il Veneto, unica regione d’Italia, non è riuscito ad approvare. 
Non è l’unico caso di ritardo legislativo (ci sono voluti qualcosa come16 anni per l’approvazione dell’ultimo Piano Regionale Socio- Sanitario) ma questo immobilismo oggi stride più che mai visto che i veneti sono stati chiamati con referendum ad approvare, come hanno fatto, la richiesta di maggiore autogoverno regionale. 
Certamente le responsabilità prime sono in capo al Consiglio Regionale, e soprattutto della sua maggioranza che non è cambiata, se non in minima parte, dal 2001. Un Consiglio che invece, su altri temi, ha legiferato a tempi di record come per la richiesta di riconoscimento dei veneti come minoranza etnica, per l’insegnamento del dialetto a scuola e per provvedimenti discriminatori verso i “foresti”, per l’indipendenza. 
Non è questo quello che ci aspettiamo dai palazzi delle istituzioni venete, non è questa la governabilità che il Veneto si attende. 
Questo vuoto legislativo lo stanno pagando, ogni giorno sempre più caramente, sicuramente quei veneti che hanno bisogno di assistenza pubblica e di solidarietà sociale come anche quei lavoratori ad alta qualificazione (oltre 10mila) che si occupano del benessere dei primi (ricordiamo: un lavoro spesso pesante, a turni, a contatto con dimensioni umane difficili e fragili). 
Loro, e le loro famiglie, lo stanno pagando in prima persona, ma è il Veneto tutto che deve pagare il conto. Un Veneto che vede giorno dopo giorno il dilapidarsi di ciò che la generosità dei suoi avi ha saputo costruire. 
Per questo abbiamo posto un altolà ed un ultimatum a Giunta e Consiglio regionale: va approvata, nei prossimi mesi, una legge di riforma delle IPAB che sia anche condivisa con le rappresentanze del lavoro. Perché ciò avvenga serve che il disegno di legge, che da giugno 2015 ammuffisce nei cassetti, passi l’esame delle Commissioni competenti già nelle prossime settimane. 
Se ciò non sarà chiameremo le famiglie delle persone assistite, i lavoratori e le altre sigle sindacali ad una mobilitazione con iniziative di lotta anche prima delle prossime elezioni del 4 marzo
Un segnale forte alla politica regionale per richiamarla alla responsabilità e alla coerenza. Senza sconti per nessuno perché responsabilità e coerenza sono la cruna per la quale deve passare ogni progetto di maggiore autogoverno.