Una chiamata all'azione comune

Martedì, 04 settembre 2018

L’allarme lanciato da Confindustria e Confartigianato venete su alcuni provvedimenti legislativi del governo Conte, annunciati o già in vigore, merita la massima attenzione anche da parte sindacale.
L’ambiguità del cosiddetto “decreto dignità”, la mancanza di una visione di politica industriale per il paese, la messa in discussione degli investimenti infrastrutturali, l’ostilità verso l’apertura dei mercati (pericolosissima per il nostro export) creano preoccupazioni condivisibili sulle prospettive delle imprese e dell’occupazione.
Il sindacato veneto non è disponibile ad assistere senza reagire ad interventi governativi che mettano in discussione la crescita che si è dispiegata negli ultimi due anni, e che ha avuto evidenti effetti positivi anche sul piano occupazionale e sulle condizioni di chi lavora.
L’ultimo decennio ha visto, nei fatti, realizzarsi una forte alleanza tra sindacati e associazioni datoriali, prima di tutto per tutelare il bene comune impresa/lavoro in una fase di forte crisi, e poi per realizzare accordi di sostegno a fasi di sviluppo e innovazione nelle imprese. Si pensi anche all’importanza che hanno progetti condivisi come quello di Arsenale 2022, che ora ha bisogno di essere rilanciato.
I risultati non sono mancati: si sono risolte positivamente molte crisi aziendali mentre in altre i danni sono stati contenuti, il mercato del lavoro ha ripreso a crescere anche in termini di occupazione avvicinandoci ai numeri pre-crisi, sono ripartiti gli investimenti e alcune grandi opere infrastrutturali sono state sbloccate.
Riteniamo che lo stesso metodo vada rilanciato anche in questo momento.
Le associazioni datoriali denunciano le rigidità e le contraddizioni del “decreto dignità”: noi riteniamo che il compito delle parti sociali sia quello di intervenire sui suoi aspetti negativi con la pratica contrattuale che quotidianamente viene esercitata: attiviamo subito il confronto su base aziendale o territoriale per dare risposta alle problematiche che la normativa introduce. Con una fondamentale precisazione: l’enfasi recente sulla centralità del capitale umano e dell’intelligenza dei lavoratori nei processi di innovazione aziendale che devono accompagnare il passaggio alla quarta rivoluzione industriale, è solo  una nuova tendenza nella retorica del management o è invece una reale scelta strategica delle imprese? Perchè in questo secondo caso, come per noi è, va anche rafforzato l’investimento delle imprese nelle proprie lavoratrici e nei propri lavoratori, attraverso un sempre maggiore ricorso a forme di contratto stabili e durature e non solo su forme flessibili all’infinito, come purtroppo in troppe aziende venete ancora succede.
Infine: siccome i temi dello sviluppo hanno bisogno di azioni congiunte e concertate tra le parti sociali e la politica  riteniamo necessario lanciare a Cgil e Uil, alle associazioni datoriali e alla Regione Veneto un appello all’azione condivisa, per individuare congiuntamente i provvedimenti prioritari da adottare per il lavoro e lo sviluppo, e per costruire in tempi rapidi su di esse il più ampio consenso e la più ampia convergenza. Pensiamo al ruolo della contrattazione aziendale e territoriale sulla gestione delle tipologie contrattuali, ad una azione comune con le amministrazioni locali affinché vengano finanziati i progetti del bando periferie, alla sottoscrizione di un protocollo con la Regione sulle infrastrutture strategiche, al finanziamento di Industria 4.0, alla declinazione nelle forme di una maggiore autonomia regionale della gestione dei servizi per il lavoro, della scuola e della formazione professionale.
Una manifestazione pubblica, di sostegno ad una piattaforma comune, ci sta. L’importante è che non si esaurisca in un, magari partecipato, evento liberatorio.
Gianfranco Refosco, Segretario generale Cisl Veneto