Pensioni: l’intesa delle tre svolte

Venerdì, 07 ottobre 2016

L’accordo raggiunto con il Governo, non senza qualche resistenza anche postuma, rappresenta molto di più di quello che finora è stato commentato.
Gli interventi previsti, in parte prossimi ad incardinarsi nella legge di Bilancio 2017 e, per l’altra, temi di una prossima agenda di confronto, esprimono infatti un vero cambiamento delle politiche governative in questa materia; cambiamento che possiamo sintetizzare in tre grandi svolte.
La prima, la più evidente, è che si è abbandonata, da parte del governo (di questo come pure dei precedenti) la presunzione di intervenire in modo unilaterale e quella del sindacato (o meglio una parte di esso) di evitare il confronto (ed il compromesso) per buttarla tutta in politica.
Come ha ricordato Annamaria Furlan l’ultimo accordo significativo in materia di pensioni è del 2007 (governo Prodi II).
Come Cisl del Veneto abbiamo poi partecipato direttamente a questo dialogo incontrando, a fine agosto, il Sottosegretario Nannicini nella nostra sede.
La svolta non ci riporta alla concertazione vincolante ma naviga verso quel dialogo sociale che è uno dei fondamenti della migliore Unione Europea. Per la Cisl è la strada giusta, non una eccezione, non una casualità, ma un metodo responsabilizzante in quanto partecipativo. I segnali perché possa essere una prassi anche su altri temi ci sono e non vanno bruciati o derisi.

La seconda svolta è quella che toglie le pensioni dalle voci di spesa da bloccare. L’ampliamento dei soggetti beneficiari della 14ima (introdotta dal governo Prodi proprio a seguito dell’accordo del 2007) e l’aumento degli importi erogati, abbinati all’innalzamento della quota di reddito esente da tassazione Irpef, aprono una crepa rilevante nella cassa di contenimento che era stata costruita, con numerosi provvedimenti di legge, tutto attorno alle pensioni. Ancora più significati gli impegni messi in agenda: ripristinare la rivalutazione delle pensioni e recuperare parte degli arretrati.
La scelta è stata criticata (naturalmente…) come strumentale ed elettoralistica (referendum costituzionale). Nei fatti distribuisce verso il basso risorse consistenti sulla logica della solidarietà e della giustizia sociale. Ne dovrebbero beneficiare anche i consumi.

La terza svolta è quella dell’abbattimento/superamento delle pesantissime rigidità della riforma Fornero, senza però manometterne le fondamenta e quindi la sostenibilità (e quindi l’esigibilità) del sistema previdenziale nel futuro. La ristrutturazione avviata è comunque profonda. Sono state eliminate definitivamente molte penalizzazioni (pensioni anticipate e precoci) che hanno prodotto più danni sociali e giuste recriminazioni che risparmi; è stato riconosciuta la utilità ai fini pensionistici di tutti i contributi (e del riscatto di laurea) versati senza vessazioni onerose a carico del lavoratore. Infine si è introdotta la flessibilità (agevolata in forma selettiva ed equitativa dalle casse pubbliche) dell’età di pensionamento utilizzando strumenti innovativi (l’APE e la RITA, quest’ultima da noi proposta da tempo).
Sono interventi che, nel loro insieme, cominciano a riportare il sistema previdenziale in sintonia con il respiro del mondo del lavoro e a ridare credibilità al welfare. E non è poco.