Nuovi veneti senza cittadinanza?

Sabato, 24 giugno 2017

Lo scorso anno sono nati in Veneto poco meno di 38mila bambini, 7.519 dei quali figli di genitori entrambi stranieri. Indipendentemente dal passaporto dei genitori frequenteranno tutti gli stessi asili, scuole, luoghi sociali e d’incontro. Vivranno nello stesso ambiente e ne condivideranno virtù e vizi, speranze e delusioni. Quelli con genitori stranieri avranno probabilmente una lingua in più di cui disporre, sapranno sicuramente cosa vuol dire partire dal basso e andranno ad ingrossare le file dei nuovi veneti, quelli a cui lo stesso Presidente Zaia ha riconosciuto, più volte, l’appartenenza al Veneto. Una appartenenza che si dovranno guadagnare con il lavoro, come hanno fatto i loro genitori ma, diversamente da questi, anche con lo studio.
I 7.519 dovranno aspettare però i 18 anni di età per ottenere, previa richiesta, la cittadinanza italiana.
Il Disegno di legge che (finalmente!) il Senato si è impegnato a discutere e a portare in votazione offrirà a loro una chance in più: l’opportunità di diventare, prima della maggiore età, cittadini della Repubblica Italiana e se extracomunitari anche (questo sì automaticamente) dell’Unione Europea.
E’ questa, per loro e per lo loro famiglie, una priorità? Faranno richiesta in massa della cittadinanza o saranno indifferenti davanti a questa possibilità? Sarebbe bene, prima di azzardare valutazioni senza risconto, sentire direttamente gli interessati. Lo sarebbe ancora di più se poi si facesse anche un confronto, sullo stesso elenco di priorità, con chi italiano lo è per diritto di sangue.
Potremmo magari scoprire cose interessanti considerando che non sono pochi i nostri concittadini, che ritengono una sciagura essere italiani, che preferiscono un’altra residenza per pagare meno tasse o che, specie in Veneto, ripudiano l’Italia in quanto Stato invasore.
La domanda che dovremmo però porci è un’altra: cosa stiamo facendo per rendere importante e ambita l’acquisizione della cittadinanza italiana per i minori stranieri?. Cosa facciamo cioè per motivare un genitore bengalese o ucraino a chiedere che il proprio figlio diventi (anche) cittadino italiano?
Non mi riferisco al diritto di accedere a questa o quella prestazione sociale o lavorativa in più, ma a quanto attrattiva sia, sotto il profilo culturale, sociale, di “status” la cittadinanza italiana per una famiglia di immigrati. Parlo quindi di orgoglio e non solo di convenienza.
L’atteggiamento ed il comportamento di una parte della politica e dei rappresentanti delle istituzioni non depone a favore: l’Italia viene infatti dipinta più come Paese di cui vergognarsi che di cui vantarsi. Basti pensare a chi predica la non appartenenza del Veneto alla nazione italiana o sventola il tricolore come bandiera della xenofobia.
La quantità di richieste di cittadinanza sarà quindi commisurabile alla forza di attrazione della nostra identità nazionale. Se sarà modesta dovremo rifletterci sopra: invidiati ed imitati nel mondo, vituperati o insignificanti in casa.
Tra gli argomenti dei contrari c’è una macroscopica contraddizione: da una parte si dice che l’acquisizione della cittadinanza italiana non fa fremere i cuori degli immigrati, dall’altra che questa apertura incentiverebbe una ulteriore invasione. O è l’una o è l’altra.
Ma le polemiche sulla apertura dei diritti di cittadinanza, fermi alla legislazione del 1992 (qualche milione di immigrati fa) e restrittivi non solo se confrontati con gli altri Paesi UE ma anche con la Russia di Putin, non sono solo uno specchio fedele degli anacronismi e dei paradossi di certa politica italiana, rappresentano infatti una visione del futuro che non ci appartiene.
Dare questa opportunità significa infatti avere in mente un’Italia e un Veneto che sanno costruire ogni giorno nuova coesione sociale e non vivono con il grottesco incubo dell’invasione. Un Paese ed una regione per giovani e quindi connessi con il futuro.
Noi non abbiamo scarsa considerazione della nostra identità nazionale e cultura; non la giudichiamo così debole e fragile da crollare davanti ad un piccolo esercito di ragazzini, veneti, solo perché nello loro vene non scorre “sangue italico”.
Noi non vogliamo rassegnarci a convivere con veneti senza cittadinanza.