Le tre liste a cui ascrivere la strage di Orlando

Mercoledì, 15 giugno 2016

La terribile strage al Pulse, il locale gay di Orlando, a quale delle innumerevoli liste dell’orrore va ascritta?
Certamente a quella, lunghissima, dei crimini compiuti dal fanatismo religioso nella sua versione più estrema: quella del terrorismo, anche se l’attentatore - un giovane americano di famiglia afghana- non fa parte di una organizzazione jiadista ed ha operato senza alcuna regia esterna (come invece i terroristi di Parigi e di Bruxelles). Il ragazzo che aspirava ad entrare nel Dipartimento di Polizia di New York è stato invece fagocitato dalla propaganda del radicalismo islamico che non manca di fare adepti anche negli Stati Uniti d’America.
L’altra lista nera è quella dell’intolleranza verso chi è diverso, in questo caso, l’omofobia. Anche questa una lista lunghissima, anche questa trasversale a molte culture, civiltà e paesi. Il nostro è ancora, purtroppo, tra questi, come segnalano i continui episodi di aggressione e violenza che avvengono dal nord al sud, nei piccoli centri come nelle grandi città e come testimonia un linguaggio ancora diffuso.
Ma fanatismo religioso e intolleranza omofoba non bastano però a spiegare le dimensioni di questo atto criminale, dimensioni per cui è stato usato il termine “strage” (la contabilità è ferma, speriamo definitivamente, a 49 morti e 53 feriti) come se fossimo in un’area di guerra e non in una città turistica della Florida.
Come hanno rilevato in molti, il presidente Obama compreso, questo eccidio è stato possibile anche perché negli Stati Uniti d’America, una persona segnalata dalla polizia come pericolosa e vicina all’estremismo fondamentalista, può, con molta semplicità e a buon prezzo, comprarsi armi e munizioni da guerra senza nemmeno dover presentare la carta di identità.
Quella di Orlando può quindi essere aggiunta al terribile elenco delle stragi perpetrate nelle scuole, nei luoghi di ritrovo o nelle strade di questo paese, dove l’opinione pubblica è ancora vittima della propaganda della lobby delle armi, da singole persone o da gruppi.
Ci risulta così ancora più sconvolgente che uno dei candidati alla carica di Presidente degli USA, il repubblicano Donald Trump, ripeta, anche in questa occasione, la litania degli sostenitori della “libera arma”: se i ragazzi del Pulse fossero stati anche loro muniti di pistole e fucili le cose sarebbero andate diversamente.
Il resto della terapia trumpiana comprende anche il bando all’ingresso dei musulmani negli USA. In breve: combattere il fanatismo con altro fanatismo, l’intolleranza con altra intolleranza, l’uso delle armi con la distribuzione generalizzata delle stesse.
Ma queste idee fanno parte di una lista ancora più nera delle prime tre, una lista da tenere da parte.