La memoria del 3 ottobre

Lunedì, 03 ottobre 2016

Giusto tre anni fa un “barcone” con a bordo oltre 900 persone affondò al largo di Lampedusa. Morirono affogati in 366, moltissimi i bambini,  mentre altri 20 risultarono dispersi. Non era la prima tragedia che avveniva nel Mediterraneo. Non fu nemmeno l’ultima e la più grave: tra il 17 ed il 18 aprile 2015 si capovolse un peschereccio inabissandosi con 800 migranti.

La conta dei morti nel tentativo di attraversare il Mare Nostrum è lunga e ancora imprecisa. Dal 3 ottobre 2013 si arriva fino ai nostri giorni ad oltre 8.000 persone la cui sorte ci riporta alla memoria ciò che accadde ai nostri bisnonni caricati nei piroscafi che affondarono nell’Oceano Atlantico nei viaggi verso le Americhe nella speranza di far fortuna e invece “bevuti dai pesci e mangiati dalla balena” come recitano, brutalmente, le strofe di Mamma mia dammi cento lire.

E c’è proprio un grande bisogno di ricordare che le vicende dei migranti e dei profughi di oggi non hanno nulla di diverso da quelle dei nostri padri: nei motivi (fuggire dalla miseria oppure dalle guerre) come nelle attese (una vita migliore o, almeno, salvarsi la vita). Anche superando illegalmente le frontiere.

Nulla di diverso anche nei modi con cui furono accolti: con solidarietà umanità ma anche, e non di rado, accolti con fastidio, se non con disprezzo, e accusati delle stesse cose.

In Veneto, in questi giorni, questa memoria storica come quella del 3 ottobre di tre anni fa sembra però sepolta sotto un mare di pregiudizi e di iniziative contro coloro che hanno superato da vivi il Mediterraneo. La “normale” diffidenza verso i “foresti” è stata alimentata ad arte dalla protervia di una politica debole di proposte ed efficiente solo nel coltivare artificiose paure.

Rischiamo così di assomigliare sempre di più alla parte peggiore dell’Europa, quella degli Orban che dichiarano che i rifugiati portano malattie e terrorismo, dei xenofobi tedeschi che chiedono di ricostruire muri o dei populisti della Brexit che considerano come stranieri sgraditi e nefasti gli altri europei, noi compresi.

Non è questo l’europeismo che serve alla nostra regione che invece, per crescere, deve essere terra aperta e connessa con il mondo, persone umane comprese. E gli immigrati, per ragioni economiche o politico-civili, sono persone.