Il lavoro in Veneto. 2016-2017, gli anni del transito

Venerdì, 30 dicembre 2016

Nonostante da parte di alcuni, per pura polemica politica, ci si ostini a non riconoscerlo, l’anno che ci lasciamo alle spalle è stato contrassegnato da segnali positivi, anzi, molto positivi. Un numero dice tutto: sono stati recuperati la metà (40 mila) dei posti di lavoro persi con la recessione. Altri numeri confermano l’uscita dal tunnel: il ricorso alla Cig, compresa la Straordinaria, continua a regredire, così come il numero delle aziende che hanno aperto un procedimento di crisi e quindi quello dei lavoratori coinvolti. Siamo ovunque ben sotto le dimensioni del 2009, il primo anno della crisi.
L’Agenzia Veneto Lavoro ci dice anche che la crescita dei licenziamenti individuali è modesta (tremila in più rispetto al 2015, molte migliaia in meno rispetto agli anni della crisi) ed è attribuibile  al nuovo sistema delle dimissioni online che ha debellato la malattia cronica di quelle in bianco.
In breve: il dinamico mercato del lavoro regionale ha ripreso a muoversi e a segnare punti a favore dell’occupazione, anche grazie alle misure introdotte dal governo (decontribuzione e Jobs Act). Hanno indubbiamente funzionato e continuano a farlo; non si è trattato quindi di un fuoco fatuo né dell’anticamera per i licenziamenti a catena, così com’era stato paventato. Anzi: sono tornati i contratti a tempo indeterminato, dati in via di estinzione.
Certamente i posti di lavoro in più sono effetto del saldo tra i settori che ne hanno persi (il manifatturiero in primis, a parte comparti come l’agroindustria) e quelli che invece ne hanno guadagnati (il terziario e l’agricoltura).
Non stiamo quindi restaurando, così com’era, una casa che ha subito le scosse del terremoto: ne stiamo costruendo un'altra. Ecco perché parliamo di transito, ma con la pretesa che il lavoro rinasca dov’era, cioè qui, in Veneto.
Dobbiamo farlo pensando agli altri 40mila posti di lavoro che ancora mancano.
Possibilmente anche di più, se vogliamo mantenere alto il livello del welfare pubblico.
Il 2017 ci mette a disposizione strumenti mai visti in precedenza. Ad esempio gli incentivi salariali per la competitività aziendale, il piano Industria 4.0, il nuovo clima nelle relazioni industriali dopo il rinnovo del contratto metalmeccanici, gli strumenti per le politiche attive sul lavoro, la flessibilità sul pensionamento che può produrre ricambio generazionale, lo sblocco di alcune infrastrutture, le agevolazioni sulla casa, nel turismo e in agricoltura.
Se sfruttati al meglio (uno degli obiettivi di #Arsenale 2022) possono generare nuove ed aggiuntive opportunità di lavoro e di occupazione.
Il 2017 potrebbe quindi essere un anno decisivo, anche se non definitivo, per completare questo transito. Noi come Cisl intendiamo fare la nostra parte, a partire dalla contrattazione che già negli anni della crisi ha fatto molto.
Si dovrà però fare i conti con l’instabilità politica ed una mancata riforma costituzionale che avrebbe reso più gestibile la ripresa. Un problema è anche la tendenza, tutta veneta, a rinchiudersi in casa. Eppure in questi anni abbiamo imparato che non esistono barriere per evitare la crisi ma che, invece, servono connessioni ed azioni comuni per superarla. Basta andare alla vicenda delle Popolari venete dove si dà il benvenuto all'intervento dello Stato e quindi all’azione del governo nazionale per salvare migliaia di posti di lavoro (diretti ed indiretti) ed evitare danni economici pari a quelli di un altro anno di crisi nera. Anche questo è transitare.