Veneto: per ricerca ed innovazione serve una politica

Mercoledì, 22 settembre 2010

Non vi è nessuno che appartenga alla classe dirigente allargata del Veneto che non abbia espresso la consapevolezza che per uscire dalla crisi dobbiamo introdurre nel nostro sistema produttivo massicce dosi di ricerca, innovazione, tecnologia avanzata. Infatti, seppure penalizzato da criteri di valutazione che non rilevano l'innovazione incrementale o la "open innovation", i processi di combinazione di fattori raccolti anche all'esterno dell'azienda tipici delle PMI e dell'imprenditoria diffusa, il Veneto non può certamente rimanere fermo alla propria "medietà" innovativa.
E' ormai rituale che questa riflessione avvenga insieme alla chiamata in causa delle quattro Università venete, al modo in cui fanno e distribuiscono ricerca, all'adeguatezza delle risorse umane che si affacciano al mercato del lavoro e alla efficacia dei centri di trasferimento e di applicazione di cui abbondiamo nella nostra regione.
Cercando di focalizzare un ambito di intervento nel rapporto tra ricerca e imprese nella promettente multisettorialità della green economy ho voluto approfondire se il Veneto potesse essere candidabile a polo di riferimento per la ricerca applicata nelle energie rinnovabili all'interno del principale strumento di programmazione comunitaria, il VII programma quadro. Sono stato messo in allarme, mesi fa, leggendo che "l'Italia tende a sottovalutare sistematicamente l'importanza della dimensione europea della ricerca. L'ultimo episodio sconosciuto ai più, si è avuto con la selezione, da parte dell'European Institute of Innovation and Technology (EIIT) ...delle coalizioni tra ricerca pubblica e industria localizzate in agglomerazioni ad alta tecnologia e operanti in stretta collaborazione...sul cambiamento climatico, sulle energie innovative e sul futuro di internet...Ebbene, l'Italia è l'unico grande paese europeo assente da tutte e tre le linee", così il prof. Andrea Bonaccorsi, Univ. di Pisa (nella rivista "Quaderni ItalianiEuropei" 1/2010, pag. 72 interamente dedicato all'innovazione).
Ho approfondito la questione, verificando che per la sessione sulle energie rinnovabili sono state selezionate Karlsruhe (Germania), Alps Valley Grenoble (Francia), Eindhoven - Leuven per il (Benelux), Barcellona (Spagna), AGH (Polonia) e KTH (Svezia), con le loro università e concentrazioni industriali. Ebbene, il nostro territorio regionale è sede di una vivace presenza industriale in diversi sottosettori della green economy relativa all'energia, ma a parte qualche timido tentativo di Veneto Innovazione nel passato, non vi è ancora una struttura di coordinamento delle discipline universitarie (figuriamoci interuniversitarie!) che si occupano di energie rinnovabili; non ci sono contenitori collaudati in cui si interfaccino percorsi di ricerca e imprese; non è mai stato approvato un programma della Regione Veneto che organizzasse i diversi attori dei due mondi, della ricerca e delle imprese, in modo da costruire sinergie significative.
Eppure esiste un consenso politico e culturale pressocché generalizzato per lo sviluppo di questi settori, sia per l'alto contenuto tecnologico sia per il contributo alla sostenibilità ambientale. Pertanto è inspiegabile che non si sia ancora programmato un modello di governance che, con una regia regionale anche molto "dolce", che porti l'Università e le imprese più innovative a condividere percorsi di ricerca avanzati, anche pensando agli importanti risvolti occupazionali di qualità che ne sono investiti. E, con un occhio al 2014, quando l'EIIT farà la nuova selezione, cerchiamo di essere pronti a candidarci.

Luca Romano
Direttore Local Area Network s.r.l.
Padova

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