Troncare e sopire, sopire e troncare

Lunedì, 31 maggio 2010

"Tre Stati nel Parlamento; ma laggiù, nella galleria dei giornalisti, risiede un quarto Stato molto più importante rispetto a tutti gli altri". Politico inglese del Settecento, definito  "il Cicerone britannico" per la sua concezione alta e severa della cosa pubblica, Edmund Burke difendeva dai banchi di Westminster il ruolo-chiave del giornalismo anglosassone: "watch-dog" del potere, il suo cane da guardia. Tre secoli dopo, una parte consistente dei suoi colleghi italiani ritiene invece che debba ridursi al cane da compagnia. Lo fa introducendo norme e sanzioni che non hanno precedenti in nessun Paese civile. E sgobbando a tale scopo fino a notte inoltrata, al contrario di quanto accade per l'altra e ben più grave faccia del problema, il provvedimento anticorruzione, che procede con certosina lentezza.

L'Italia è strangolata da una rete di malaffare che non ha eguali in Europa, ci ha da poco spiegato la Corte dei Conti. Ma il decisore politico preferisce punire, anziché i malfattori, chi informa i cittadini del loro operato. Sono già stati proposti numerosi e scandalosi esempi di ciò che l'opinione pubblica non avrebbe saputo negli ultimi tempi in base alla legge intimidatoria che si vuol fare passare. Basterà aggiungere che con quelle norme non ci sarebbe stata neppure la stagione di Mani Pulite, partita proprio dalle intercettazioni del "mariuolo" Chiesa. E che le stesse norme obbligano i mass media al silenzio in tutta la fase delle indagini preliminari: che in Italia durano mediamente da 4 a 6 anni, con punte di 10. Come altro chiamarla, se non una censura di Stato?

Deve finire la barbarie della violazione della privacy, sostengono i neo-censori. Ma lo scorso anno, l'80 per cento delle intercettazioni hanno riguardato reati di criminalità organizzata, e gli ascolti delle telefonate hanno coinvolto lo 0,2 per cento della popolazione italiana. Abusi ci sono stati, certo, e vanno puniti e repressi; ma non mettendo il bavaglio a tutti. E non sono forse barbarie ben peggiori il quotidiano saccheggio delle pubbliche risorse, l'assoluto disprezzo delle regole, lo scandaloso abuso del ruolo pubblico che emergono dalle intercettazioni, anche dove non viene commesso un reato? Non è barbarie il fatto che siano coloro che dall'opinione pubblica dovrebbero essere controllati a voler stabilire cosa la stessa opinione pubblica è bene che sappia, e cosa non deve sapere? Non è barbarie voler garantire per legge, con il bavaglio all'informazione, impunità e mano libera a chi invece, proprio per il mandato politico ricevuto, dovrebbe assicurare la massima trasparenza dei propri comportamenti? Come  reagiranno i bramini della  casta quando il sigillo sulle intercettazioni verrà fatto saltare dagli incursori dei blog, e i loro contenuti dilagheranno sulla rete, ripresi e rilanciati dai media? Aboliranno internet per decreto?

E' nauseabonda, questa mentalità da padroni convinti di avere a che fare con sudditi e non con cittadini: la stessa del "sopire e troncare, padre molto reverendo, troncare e sopire" di manzoniana memoria, che il conte-zio suggerisce al provinciale dei cappuccini per zittire  frà Cristoforo. Quel colloquio è preceduto da un lauto pranzo in casa del nobile, cui partecipano "alcuni clienti legati al personaggio per una servitù di tutta la vita; i quali, cominciando dalla minestra a dir di sì, con la bocca, con gli occhi, con gli orecchi, con la testa, con tutto il corpo, con tutta l'anima, alle frutte v'avevan ridotto un uomo a non ricordarsi più come si facesse a dir di no". Ce n'è parecchi di costoro anche nell'odierno Parlamento, grazie alla vergognosa legge elettorale. Ma ci sarà qualcuno, nel seguito servile del conte-zio, capace di ritrovare la dignità di un no?

Francesco Iori

31 maggio 2010

ospite