Veneto: servono politiche per lo sviluppo

Venerdì, 30 luglio 2010

Nella nostra regione la crisi si è già mangiata più di 80 mila posti di lavoro e c'è il rischio concreto che la condizione di disoccupato si appicchi sulle pelle di decine di migliaia di lavoratori che hanno perso il lavoro, siano essi giovani o donne, italiani o stranieri. La situazione poteva essere molto peggiore se non ci fosse una ampia deroga sull'uso della Cig. Qualche aiuto in più arriva dai sussidi in deroga (finalmente regolati anche per il 2010).
Ma la combinata Cig e sussidi non è e non sarà in grado di accompagnare tutti dal lavoro perso alla nuova occupazione. La ricostruzione dei posti di lavoro persi non è automatica, immediata e certa.
Anche la ripresa, se si consolida, avrà come effetto positivo sul lavoro in primo luogo il riassorbimento della Cig (milioni di ore).
Serve quindi anche una politica di sostegno allo sviluppo che acceleri la ripresa e la indirizzi verso scelte in grado di reggere nel tempo e di dare nuova occupazione.
Le priorità, a nostro avviso, sono tre: il rilancio del manifatturiero, la attrattività del territorio, la vita sociale, privata e collettiva.
Il manifatturiero è il settore produttivo regionale più colpito dalla recessione internazionale e rischia anche di non agganciare a pieno la ripresa. Per il suo rilancio serve credito agevolato per le imprese in difficoltà, finanziamenti per quelle imprese che investono in innovazione e competitività, miglioramento professionale per i dipendenti. Per accrescere la competitività va allargata e sostenuta la contrattazione sulla produttività premiante anche per le retribuzioni. Vanno colte le opportunità offerte dallo sviluppo delle tecnologie verdi, siano esse energetiche o legate a beni di consumo. In questo senso è utile anche avviare sperimentazioni legate al binomio turismo/energie rinnovabili. La scelta verso la green economy non vuol dire soltanto gettare le basi per il mantenimento dell'occupazione - manifatturiera e di qualità - ma significa anche stimolare le relazioni tra imprese, centri di ricerca e università, favorendo il finanziamento privato della ricerca - in un contesto di trasferimenti decrescenti - e quindi il mantenimento, più che la fuga, dei cervelli.
Per avere nuovo sviluppo serve anche attrarre persone, intelligenze, produzioni ed investimenti. Da questo punto di vista il Veneto ha bisogno di una consistente messa a punto sulla base di due principi: ammodernamento e vivibilità (o compatibilità). Si tratta, in altre parole, di incrementare sia l'attrattività materiale affrontando i nodi relativi a infrastrutture, logistica organizzazione delle utility ed energia, che l'attrattività immateriale e quindi reti di comunicazione telematica, centri di ricerca che attraggano intelligenze interne ed esterne, professionalità disponibili nel mercato del lavoro, sistema dell'istruzione a tutti i livelli, rete culturale, semplificazione delle regole burocratiche e dei rapporti con la PA, sistema dei servizi alla persona.
Infine la vita sociale, privata e collettiva. I tagli delle risorse pubbliche, ultimi quelli della manovra di aggiustamento dei conti pubblici, non devono avere riflessi negativi sulle condizioni di vita sociale in Veneto e quindi sul welfare regionale. Mantenere elevata la qualità del sistema sanitario e scolastico pubblico, ampliare i servizi sociali per i minori e la rete di assistenza per gli anziani non autosufficienti sono risultati perseguibili con un più razionale utilizzo delle risorse umane, professionali e finanziarie esistenti.
L'attenzione che il Consiglio Regionale del Veneto ha dato nei giorni scorsi al tema della crisi, le dichiarazioni del Presidente Zaia, come quelle dei maggiori rappresentanti delle parti sociali, dell'impresa e del lavoro venete fanno ben sperare che a settembre le parole accomunanti diventino impegni ed azioni comuni.

Franca Porto