Universi ed Università

Lunedì, 02 luglio 2007
Universi ed Università

Nella logica dell’esistenza di un “sistema a rete” (formula molto abusata dalle scienze economiche e sociologiche e oltretutto utilizzata spesso in modo improprio), ogni elemento del sistema dialoga con l’altro perché ne ha pura ed evidente necessità. Qualunque forma e specificità della “rete”, infatti, ha in se come principio fondante quello della reciprocità e della cooperazione nel rispetto delle specificità di ruolo e di funzione.

Questo approccio sistemico, a sentire le polemiche che imperversano negli ultimi mesi tra università ed imprese nel Veneto, sembra purtroppo essere smentito.

Dove si inceppa il meccanismo?

Visto dal mondo del lavoro, le funzioni essenziali del sistema universitario sono:

  • essere l’ultimo segmento del percorso formativo;
  • garantire la continuità del tessuto culturale che ci unisce al passato e che permette di pensare il futuro;
  • elaborare ricerca e innovazione.

Nessuna visione puramente strumentale (l’università serve a) o economicistica (l’università produce tanto) è in grado di affrontare adeguatamente queste tre funzioni. Tali visioni separano infatti il prodotto dalla forza vitale che lo può generare.

Non sta nella separazione la possibile soluzione ma piuttosto nel legame.

In quale che senso?

Il primo legame

e la prima proposta ci mettono in causa direttamente come sindacato: pensare una alleanza tra insegnanti e docenti universitari per ripensare i passaggi interni al percorso formativo, per collegare i saperi e le competenze in vista di una qualità complessiva della formazione da offrire alle nuove generazioni e quindi anche al mondo produttivo di domani. L’università eredita quanto il sistema formativo primario e secondario è stato in grado di costruire. Non si può edificare nulla se non vi sono fondamenta solide. Per questo non si può pensare la formazione universitaria in modo separato dalla scuola. Non solo: la casa universitaria è luogo che va al di là di una doverosa ma alle volte volontaristica attenzione alla formazione delle elités; una casa che deve essere aperta a tutti i capaci e i meritevoli, che non può che avere come riferimento l’articolo X della costituzione.

L’università, dunque, deve rimanere un grande ascensore sociale, che consente anche ai figli degli operai l’accesso alle carriere più prestigiose. E sappiamo quanto questo sia difficile in una Italia in cui la mobilità sociale è quasi ferma e in cui i dati sociologici confermano come la classe di provenienza risulti fondamentale per determinare percorsi scolastici e formativi e per l’esito professionale che ne discende.

Secondo legame

: l’università può dare un grande apporto nel rinnovare di giorno in giorno il tessuto culturale che ci unisce al passato. Condizione questa valida, se si accetta che l’università non sia solo funzionale ad obiettivi immediati di crescita economica ma sia anche il luogo di rinnovamento e ricostruzione del filo di senso che passa tra le generazioni. Questo spiega perché noi, osservando l’università dal mondo del lavoro, riteniamo paradossalmente che studiare il siriaco dei padri della chiesa, l’arte bizantina, la storia da un punto di vista di genere o la potenzialità delle energie rinnovabili, siano tanto importanti quanto gli studi tecnici orientati direttamente all’incremento della produttività di rondelle o lampadine.

Terzo legame

: l’università può essere uno dei fattori di innovazione del sistema economico ma anche, in senso più ampio, dei saperi disponibili nel corpo sociale italiano e veneto. Questo solo se si attivano sempre più intense relazioni (i legami, appunto) verso e a partire dall’università.

Per questo chiediamo al mondo accademico di guardare quanto accade attorno e di interagire con chi altri sul territorio si occupa di cultura, di formazione, di ricerca: istituti, centri, fondazioni rischiano di sparire sul mercato della cultura, non perché non abbiano nulla da dire ma perché sono legate a rubinetti finanziari sempre più esigui e meno qualificati.

Chiediamo ancora al sistema universitario di aprirsi all’Europa, di dialogare con le altre consimili istituzioni tanto dei centri di innovazione mondiale come delle università deprivate di mezzi dei Paesi in via di sviluppo: far girare i propri studenti, accogliere gli studenti di altre università. Ci aspettiamo un grande sforzo di apertura dal mondo accademico verso il territorio locale, regionale, nazionale, internazionale.

Ma parallelamente, chiediamo al territorio e al mondo produttivo di rafforzare i legami con l’università. Un indicatore, ad esempio, può essere il numero di borse di studio per dottorati di ricerca che territorio e imprese offrono agli studenti e, non solo per studi dedicati ai nuovi materiali per la costruzione di rondelle o lampadine, ma anche per ricerche sul siriaco, sull’arte, sulla storia da un punto di vista di genere o sulle potenzialità delle energie rinnovabili. Perché continuiamo a credere che la più grande ricchezza sono le persone.

Franca Porto

Segretaria generale CISL Veneto

Giugno 2007

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