Terrore: quello che noi possiamo, e dobbiamo, fare per contrastarlo

Mercoledì, 18 novembre 2015

Leggendo sui giornali il resoconto della giornata di terrore che il procuratore di Parigi ha fatto nei giorni scorsi in una conferenza stampa risulta evidente che la strage organizzata dai fondamentalisti arruolatisi con il Daesh (Stato Islamico dell'Iraq e del Levante) aveva obiettivi, se possibile, ancora più efferati.
Solo una parte del progetto criminale infatti è andato in porto perché alcuni dei kamikaze non sono riusciti ad uccidere tante persone come volevano. L’orrore doveva essere ancora più grande.
La condanna è stata unanime e, se possibile, maggiore di quella successiva agli attentati del 7 gennaio scorso. La reazione è stata forte sia sotto il profilo sociale, politico che, anche, militare. Sappiamo che gli attentatori sono giovani, decisi ad uccidere e a morire. Sappiamo anche che sono in gran parte europei di prima generazione: nati e vissuti in Belgio e in Francia.
Le notizie che arrivano ora per ora ci dicono però che l’offensiva è ancora in corso, che la loro morte richiama altri ancora a sacrificarsi e ad uccidere in nome di uno Stato inesistente e di una visione religiosa fondamentalista che mette innanzi tutto l’odio verso tutto e tutti.
Ogni spiegazione sociologica non è, al momento, sufficiente a spiegare questo drammatico fenomeno che vive e cresce come se si alimentasse di morte e di distruzione.
Cosa possiamo fare noi sindacato, noi Cisl, in Veneto per contribuire alla lotta contro questo fondamentalismo islamista?
In primo luogo la nostra autorevolezza, la nostra presenza nei luoghi di lavoro e nelle comunità locali, il nostro rappresentare la dignità del lavoro umano, ci danno carte importanti per contrastare quella parte del disegno terrorista perseguito con gli attentati in Europa: dividere e contrapporre le persone sulla base dell’appartenenza religiosa ed etnica.
E’ quello che hanno fatto in altri paesi come ad esempio in Nigeria, in Iraq, in Siria per poi passare allo stragismo generalizzato.
Per questo, come ha ribadito Annamaria Furlan in apertura della Conferenza Organizzativa della Cisl, come organizzazione sindacale dobbiamo farci promotori ed attori di un dialogo aperto e sincero con i musulmani del Veneto, a partire da quelle migliaia di lavoratori immigrati che portano in tasca la nostra tessera e dai numerosi delegati che militano nelle nostre file, frequentano la moschea e che tutti i giorni sono impegnati a rappresentare, a fianco dei nostri delegati che frequentano invece le chiese cattoliche come altri luoghi di culto o che sono laici, gli interessi di quel lavoro per il quale hanno lasciato la loro terra di origine.
Sta sempre a noi contrastare, con fermezza e determinazione e senza cadere nella polemica, quella politica povera di argomenti che alza i toni e favorisce un immaginario di paura, pregiudizio e intolleranza. Null’altro che un modo per ottenere voti affondando la coesione e la convivenza sociale.
Infine dobbiamo premere nei confronti delle Amministrazioni Locali, Regione in primis, affinché si facciano partecipi di un progetto di educazione, informazione e promozione del dialogo interreligioso che deve svilupparsi non solo nelle scuole, ma anche nelle moschee come negli oratori e (perché no?) anche nei luoghi di lavoro.
Sono numerose le associazioni islamiche attive in Veneto che hanno sottolineato la necessità di dare una regolamentazione alle moschee, a partire da una scuola di formazione degli imam, dall’obbligo della trasparenza e della rendicontazione. Non si può rispondere a queste istanze con marchingegni legislativi (anticostituzionali) finalizzati unicamente ad ostacolare la pratica religiosa di decine di migliaia di persone.
Sono tutte cose che noi possiamo fare, piccoli ma irrinunciabili contributi alla pace.